MRA tra FDA e UE: il punto di vista dell’esperto

L’obiettivo principale dell’MRA (Mutual Recognition Agreement) tra l’UE e la FDA, istituito nel 2019, è quello di riconoscere reciprocamente i sistemi di ispezione GMP e ridurre il numero di ispezioni. Tuttavia, ciò non significa che non ci siano più ispezioni reciproche. Ciò è dovuto non solo alle eccezioni previste dal documento originale (sangue, plasma, tessuti e organi e medicinali veterinari immunologici), ma anche a un certo grado di discrezionalità.
Ad esempio, il Capitolo 3, Art. 8, par. 2, afferma che: “In circostanze specifiche, una Parte può scegliere di non accettare un documento ufficiale sulle GMP rilasciato da un’autorità riconosciuta dell’altra Parte per le strutture di produzione situate nel territorio dell’autorità che lo ha rilasciato“.
Alcuni esempi sono:

  • Indicazioni di incongruenze o carenze materiali nel rapporto di ispezione.
  • Carenze qualitative identificate durante la sorveglianza post-vendita
  • Indicazioni specifiche di gravi preoccupazioni sulla qualità del prodotto o sulla sicurezza dei consumatori.

Il documento di domande e risposte dell’EMA afferma che ci si aspetta solo che la FDA non duplichi le ispezioni. Sia l’UE che l’FDA hanno ancora eccezionalmente “il diritto di effettuare ispezioni nel territorio dell’altra parte in qualsiasi momento“.

A che punto siamo con le ispezioni di pre-approvazione?

Questo aspetto non è definito in modo chiaro. Le ispezioni di pre-approvazione non sono né chiaramente incluse né escluse dal MRA. Secondo l’articolo 4, l’Accordo si applica principalmente ai “prodotti farmaceutici finiti commercializzati per uso umano o animale” e, secondo l’articolo 3 alle “ispezioni post-approvazione“; con la possibilità di “richieste di ispezioni pre-approvazione“, come specificato all’articolo 11.

In questo caso, sono utili i documenti Q&A e un working report.
Il documento Q&A della FDA afferma che “A partire da luglio 2019, sia la FDA che l’Unione Europea sono state attivamente impegnate nella valutazione del modo migliore per attuare l’MRA USA-UE per quanto riguarda le ispezioni pre-approvazione (PAI). Questa valutazione è in corso e nel dicembre 2019 sia la FDA che l’Unione Europea hanno concordato e si sono impegnate nello sviluppo congiunto di un piano di lavoro per la valutazione della PAI capability al fine del riconoscimento reciproco delle competenze e la copertura delle PAI degli impianti di produzione (…). Tuttavia, il lavoro sta incontrando inevitabili ritardi a causa dell’aumento del carico di lavoro dei regolatori e delle restrizioni alle attività del personale dell’UE e della FDA (…)“.

E la relazione annuale del Good Manufacturing and Distribution Practice Inspectors Working Group 2021 afferma succintamente: “Il lavoro sull’inclusione delle ispezioni di pre-approvazione è stato sospeso“.

Da allora, non è successo molto.


Il punto di vista dell’esperto

A cura della Dr.ssa Anna Bertolotti, GxP Compliance Expert di Adeodata S.r.l.

Introduzione

Già da Luglio 2019, con il riconoscimento da parte dell’FDA della Slovacchia, quale ultimo stato membro dell’EU, è pienamente attivo l’accordo di mutuo riconoscimento tra EMA ed FDA sulle ispezioni regolatorie delle Officine Farmaceutiche, nei rispettivi territori.

Il relativo campo di applicazione riguarda principalmente  le ispezioni regolatorie di sorveglianza  quindi di prodotti già immessi sul mercato (denominate “Post approval inspection”) e non esclude chiaramente quelle relative ai medicinali non ancora immessi sul mercato (denominate “Pre approval inspection”).

Per quanto riguarda la tipologia di prodotti a cui sui applica, l’accordo riguarda prodotti medicinali immessi nel mercato ad uso umano e veterinario, materiali in process  (secondo la denominazione prevista dalla legislazione americana), intermedi (secondo la denominazione prevista dalla legislazione europea) alcuni medicinali biologici ad uso umano e gli API; l’elenco dei prodotti coinvolti nel campo di applicazione è indicato in modo più dettagliato nell’allegato 3 dell’accordo.

Successivamente il campo di applicazione è stato ampliato anche ai prodotti veterinari per i quali però l’FDA non ha ancora terminato il riconoscimento per tutti gli stati membri dell’EU. Su questo aspetto e sull’applicazione dell’accordo alle “PAI inspections” si vedano gli approfondimenti al paragrafo “Q&A”.

Conseguenze dell’accordo per le Autorità e per la pubblica salute

L’accordo è stato voluto in considerazione del fatto che Europa e USA detengono l’80% del mercato globale di nuovi medicinali e consolidato dal fatto che le due Autorità presentano procedure nell’esecuzione di ispezioni regolatorie, sovrapponibili.

Questo accordo ha un’importanza strategica in quanto

  1. rende ancora più efficace la collaborazione ed il passaggio di documenti ed informazioni tra le due Autorità, con il fine ultimo di tutelare maggiormente la salute pubblica, garantendo medicinali sempre più sicuri, efficaci e di qualità.
  2. libera gli ispettori FDA ed EMA dalle ispezioni nei reciproci territori e consente così ad entrambe le Autorità di aumentare le proprie risorse ed il proprio expertise e di renderle disponibili per ispezioni in altre aree esterne ad entrambi i territori, che costituiscono comunque una fetta importante del mercato globale, ma che possono presentare maggiori rischi dal punto di vista della qualità.

Conseguenze per le aziende

Anche per le società farmaceutiche l’accordo ha comportato dei vantaggi:

  • uno sgravio nell’impegno che esse dovevano accollarsi per affrontare ispezioni regolatorie che precedentemente risultavano duplicate
  • uno sgravio anche nelle attività di routine: le QP europee adesso sono esentate dal ripetere i controlli di qualità sui prodotti importati dagli USA, se sono stati già effettuati in territorio americano.

Di contro eventuali problematiche di qualità hanno sicuramente una maggior diffusione a livello extraeuropeo.

Ulteriori chiarimenti dai Q&A di EMA ed FDA

Con l’implementazione dell’accordo, sia FDA che EMA hanno chiarito alcuni punti con dei Q&A (Rispettivamente “Mutual Recognition Agreement / Frequently Asked Questions and Answers January 2021” e “Questions & Answers on the impact of Mutual Recognition Agreement (MRA) between the European Union and the United States as of 31 May 2023”) che vale la pena approfondire; in particolare le domande e risposte che trovo più interessanti sono le seguenti:

Q2 da Q&A EMA e Q8 da Q&A FDA sulla possibilità che entrambe le autorità continuino ad eseguire ispezioni nei reciproci territori: sia FDA che EMA chiariscono che poiché l’intento dell’accordo era quello di non duplicare le ispezioni nei relativi territori, le stesse  saranno un’eccezione; resta comunque valido il diritto di EMA ed FDA di svolgere audit in ogni momento ed in ogni Stato.

Q5 da Q&A EMA: sui prodotti attualmente inclusi nell’accordo di mutuo riconoscimento: l’EMA chiarisce che l’accordo è attualmente valido per i prodotti medicinali e per i prodotti biologici ad uso umano, non è ancora del tutto effettivo il mutuo riconoscimento per i medicinali ad uso veterinario; per questi ultimi sono stati riconosciuti al momento 16 Stati membri. Viene specificato inoltre che la lista degli Stati membri via via riconosciuti, sarà aggiornata ogni volta che sarà inserito un nuovo Stato.

Ulteriore approfondimento: gli Stati membri per i quali a Maggio 2023 era già attivo l’MRA erano Austria, Belgio, Bulgaria, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Grecia, Ungheria, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Slovenia e Spagna; a settembre 2023, si è aggiunta anche la Svezia e si presume che il riconoscimento di tutti gli Stati membri sarà completato entro metà anno 2024.

Q6 da Q&A EMA sui prodotti attualmente esclusi nell’accordo di mutuo riconoscimento: l’EMA ribadisce che i prodotti attualmente esclusi sono i vaccini ad uso umano e i derivati del plasma per i quali, una decisione sulla relativa inclusione sarà presa più avanti.

Anche i prodotti derivati dal sangue umano, da tessuti ed organi umani e animali così come i medicinali in fase di sperimentazione ed i prodotti immunologici veterinari sono esclusi dall’accordo.

Q10 e Q11 da Q&A EMA sulla possibilità di non ripetere i test sui prodotti importati dagli Stati Uniti: l’EMA chiarisce che dal 11 luglio 2019, le persone qualificate negli Stati membri dell’UE sono sollevate dalla responsabilità di effettuare i controlli sui medicinali per uso umano di cui all’articolo 51, paragrafo 1 della direttiva 2001/83/CE, purché abbiano verificato che il prodotto è fabbricato negli Stati Uniti e che i controlli sono stati effettuati negli USA.

Discorso diverso vale invece per i medicinali ad uso veterinario per i quali tale eventualità sarà possibile solo quando FDA avrà riconosciuto tutti gli Stati membri dell’EU.

Q10 da Q&A FDA: eventualità nel caso in cui EMA, a seguito di un’ispezione, prenda provvedimenti nei confronti di un’Officina farmaceutica per la quale anche FDA debba prendere gli stessi provvedimenti e viceversa: FDA chiarisce che in questi casi entrambe le Autorità opereranno in modo indipendente; per quanto si possa presumere che gli impatti dei provvedimenti saranno simili, viene fatto tuttavia presente che i sistemi legali delle due Autorità sono differenti e pertanto potranno essere presi provvedimenti diversi.

Q13 da Q&A FDA: sull’inclusione delle ispezioni PAI (pre approval inspection) nel campo di applicazione dell’MRA: FDA chiarisce che a partire da Luglio 2019, sta valutando insieme ad EMA come implementare l’accordo in merito alle ispezioni PAI e a Dicembre 2019 entrambe si sono impegnate per sviluppare un piano di lavoro congiunto per la valutazione della relative capacità “Capability*” in caso di ispezioni PAI.  

Tale valutazione comprende, tra le altre cose, i seguenti aspetti:

  • il livello di valutazione delle capacità
  • il criteri di inclusione ed esclusione per le tipologie di applicazioni (es. NDA originali, ANDA, BLA e supplementi)
  • rischi specifici legati a prodotti e a processi produttivi
  • rischi specifici legati agli impianti
  • ambito di copertura

FDA ammette inoltre che si sta lavorando per completare e finalizzare il piano di lavoro congiunto, ma che si sono verificati inevitabilmente ritardi dovuti alla pandemia.

Q14 Q&A FDA sul mutuo riconoscimento delle ispezioni solo all’interno dei rispettivi territori o anche all’esterno degli stessi: l’FDA menziona quanto specificato all’articolo 8.3 dell’MRA, che prevede che FDA ed EMA abbiano la possibilità di fare affidamento sui rapporti di ispezione rilasciati da un’Autorità riconosciuta, per officine farmaceutiche situate al di fuori dei rispettivi territori.

Tuttavia, poiché la valutazione sull’approccio adottato da entrambe le Autorità si focalizzava sulle ispezioni nazionali e non su quelle relative a Paesi terzi, sono in corso scambi per verificare che non ci siano sostanziali differenze nell’approccio adottato in caso di ispezioni a Paesi terzi.

*Il termine “capable” riferito alle autorità, ricorre spesso nel MRA e nei Q&A; alla domanda Q4 del Q&A FDA  viene contestualizzato precisamente il relativo significato: un’Autorità  per essere “capable” deve presentare i seguenti requisiti:
ha l’autorità legale e di regolamentazione per condurre ispezioni rispetto a standard GMP
gestisce conflitti d’interesse in modo etico
valuta i rischi e li mitiga
mantiene un’adeguata sorveglianza degli stabilimenti di produzione nel proprio territorio
ha a disposizione adeguate risorse
impiega ispettori formati e qualificati
possiede gli strumenti necessari per prendere provvedimenti al fine di proteggere la popolazione da danni dovuti a farmaci o attivi di scarsa qualità.

In conclusione i Q&A chiariscono meglio alcuni aspetti non sufficientemente approfonditi nell’MRA e ci danno una panoramica di quelle che sono le intenzioni di FDA ed EMA e le tempistiche almeno indicative delle prossime fasi del processo.  A questo proposito, per avere un’analisi ancora più completa, è senz’altro interessante ed utile  esaminare periodicamente l’FDA Data Dashboard che offre dettagli sulle ispezioni effettuate da FDA in territorio nazionale ed europeo.


Fonti:

DECISION No 1/2017 of 1 March 2017 of the Joint Committee established under Article 14 of the Agreement on Mutual Recognition between the European Community and the United States of America, amending the Sectoral Annex for Pharmaceutical Good Manufacturing Practices (GMPs) [2017/382]

Questions & Answers on the impact of Mutual Recognition Agreement (MRA) between the European Union and the United States as of 31 May 2023

FDA Mutual Recognition Agreement / Frequently Asked Questions and Answers January 2021

Annual report of the Good Manufacturing and Distribution Practice Inspectors Working Group 2021

FDA Data Dashboard

ICH Q1E: Valutazione dei dati di Stabilità

Lo scopo di uno studio di stabilità è stabilire, basandosi sulle analisi di almeno tre lotti di sostanza farmaceutica o prodotto, un periodo di retest o una durata di conservazione (shelf life) e le istruzioni di conservazione da applicare a tutti i futuri lotti prodotti e confezionati in circostanze simili.

Nell’ambito dell’industria farmaceutica, garantire la stabilità e l’efficacia dei medicinali è un aspetto cruciale per la sicurezza dei pazienti. A tal fine sono state introdotte linee guida specifiche per l’utilizzo e valutazione dei dati di stabilità generati in conformità con i principi definiti nella linea guida “madre” ICH Q1A(R) Stability Testing of New Drug Substances and Products“. Tra queste linee guida, la ICH Q1E “Evaluation for Stability Data“, in vigore dal febbraio 2003, gioca un ruolo importante, fornendo indicazioni specifiche sulla valutazione dei dati di stabilità al fine di stabilire e garantire con sicurezza il periodo di retest o shelf life dei prodotti farmaceutici.

Predire la Shelf Life: l’estrapolazione come tecnica prospettica basata sul modello di cambiamento

L’ICH Q1E fornisce un decision tree, un albero decisionale, che illustra un approccio graduale alla valutazione dei dati di stabilità e quando e quanto è possibile considerare l’estrapolazione per proporre un periodo di retest o shelf life. L’estrapolazione dei dati di stabilità varia in base alla temperatura di conservazione del prodotto farmaceutico, poiché i meccanismi di degradazione e le velocità di reazione possono essere differenti a diverse temperature, influenzando il comportamento del prodotto nel tempo. Tra le casistiche vengono considerate:

  • Conservazione a temperatura ambiente (generalmente tra 20°C e 25°C).
  • Conservazione sotto la temperatura ambiente (generalmente inferiore a 20°C).
  • Conservazione in frigorifero (generalmente tra 2°C e 8°C).
  • Conservazione in freezer (generalmente inferiore a 0°C).

Inoltre, viene fatta menzione di prodotti che devono essere conservati a temperature molto basse (sotto i -20°C). Ciascuna di queste temperature richiede un approccio specifico per l’estrapolazione dei dati di stabilità.

Ma cosa si intende con “estrapolazione”?

L’estrapolazione è una tecnica statistica che consiste nell’utilizzare un set di dati noti per inferire (desumere) o predire informazioni riguardanti dati futuri, al di fuori del range di osservazioni iniziali. In altre parole, l’estrapolazione si basa sull’estensione di un modello o di una tendenza già osservata in una serie di dati al fine di fare previsioni oltre il periodo coperto dai dati effettivamente registrati.

Nel contesto della linea guida l’estrapolazione viene applicata per stimare il periodo di retest o la shelf life di un farmaco oltre il periodo di tempo coperto dai dati a lungo termine disponibili. Questa pratica è utilizzata quando le condizioni di conservazione accelerate non mostrano cambiamenti significativi, permettendo di proiettare con sicurezza l’andamento stabilito nel tempo al di là del range temporale inizialmente osservato.

Ma in sostanza, cosa significa?

Esempio concreto: Supponiamo di avere dati di stabilità a lungo termine per un farmaco fino a 12 mesi e che questi dati dimostrino una stabilità accettabile (nessun o minimo cambiamento) anche in condizioni accelerate. Utilizzando l’estrapolazione e seguendo le linee guida stabilite dalla ICH, possiamo stimare la data di retest/shelf life fino a 24 mesi, oltre il periodo coperto dai dati effettivamente registrati. Questo ci consente di avere una stima ragionevole e attendibile del periodo di conservazione del farmaco anche per un periodo più esteso, garantendo così la sicurezza e l’efficacia del prodotto durante l’intero periodo di shelf life.

Tuttavia, l’estrapolazione richiede l’assunzione che il modello di cambiamento osservato continuerà ad applicarsi anche al di fuori del range di osservazione iniziale, quindi la sua correttezza è fondamentale per garantire la validità delle previsioni e la sicurezza dei farmaci durante l’intero periodo di conservazione autorizzato.

Come garantiamo la “correttezza” del modello di cambiamento?

La Sfida dell’Estrapolazione: assicurare un modello di cambiamento affidabile

Per garantire la correttezza del modello di cambiamento utilizzato nell’estrapolazione, è essenziale adottare una rigorosa analisi e valutazione dei dati di stabilità disponibili.

Ciò comporta diverse pratiche e considerazioni importanti:

  1. Verifica delle Assunzioni: Prima di applicare un modello di cambiamento ai dati di stabilità, è fondamentale verificare che le assunzioni alla base del modello siano valide per il farmaco (o la sostanza farmaceutica) specifico in questione. Questo richiede una comprensione approfondita dei meccanismi di degradazione e delle variabili coinvolte nel processo di stabilità del prodotto. Di fondamentale importanza sono le conoscenze acquisite in fase di sviluppo e convalida del processo e del metodo analitico (rif. ICH Q14 e ICH Q2).
  2. Data Quality: I dati di stabilità devono essere accurati, attendibili e rappresentativi delle reali condizioni di conservazione e dei vari fattori che possono influenzare la stabilità del farmaco. Una raccolta dei dati ben pianificata e un’accurata esecuzione delle analisi sono fondamentali per ottenere risultati affidabili. Le GMP ci aiutano a mantenere alto il livello di qualità dei nostri dati e rappresentano una base imprescindibile, specialmente quando parliamo di inferenza e proiezioni statistiche.
  3. Approccio Statistico: L’analisi statistica dei dati di stabilità dovrebbe essere condotta con metodi adeguati, tenendo conto della distribuzione dei dati, delle incertezze e della variabilità naturale. Questa analisi dovrebbe essere eseguita da personale esperto ed attraverso tool specifici (es. Minitab), in modo da ottenere risultati robusti e significativi.
  4. Verifica dei Modelli Matematici: I modelli matematici utilizzati per descrivere il cambiamento nel tempo dei dati di stabilità devono essere noti. Sono spesso impiegate tecniche di regressione, ma la scelta del modello dovrebbe essere basata sulla natura dei dati e sulla bontà di adattamento del modello stesso.
  5. Presente e Futuro: Dopo aver estrapolato il periodo di retest o la shelf life è essenziale monitorare ulteriormente i dati di stabilità a lungo termine per verificare la validità del modello. I dati futuri dovrebbero essere confrontati con le previsioni fatte con l’estrapolazione per confermare che il modello di cambiamento continua ad applicarsi nel tempo e che le previsioni fatte in precedenza risultino attendibili a fronte delle evidenze oggettive e delle analisi condotte. 
  6. Approccio Conservativo: Quando si utilizza l’estrapolazione, è consigliabile adottare un approccio conservativo, assumendo il modello di cambiamento più cautamente possibile. Ciò riduce il rischio di sovrastimare la shelf life e garantisce una maggiore sicurezza del farmaco.

Complessivamente, la correttezza del modello di cambiamento dipende dalla qualità dei dati utilizzati, dalla precisione delle analisi statistiche e dalla validità delle assunzioni fatte. Una corretta pianificazione, un’analisi rigorosa e una verifica costante dei dati futuri sono fondamentali per garantire che l’estrapolazione sia un approccio affidabile nella valutazione dei periodi di retest e delle shelf life dei prodotti farmaceutici.

Sicurezza a lungo termine dei farmaci: il ruolo cruciale dell’analisi statistica dei dati di stabilità

La variabilità dei lotti può influenzare la sicurezza che un lotto di produzione futuro rimarrà entro i criteri di accettazione durante questo periodo.

L’ICH Q1E fornisce a tal proposito ulteriori informazioni su come analizzare i dati a lungo termine, utilizzare l’analisi di regressione e applicare procedure statistiche per determinare la combinabilità dei dati.

Questa linea guida rappresenta una significativa espansione della linea guida madre ed introduce aspetti di valutazione di fondamentale importanza. In particolare si focalizza sulla necessità di adottare approcci statistici avanzati al fine di garantire che i risultati derivanti da studi di stabilità “on-going” (di prodotti già commercializzati) vengano sottoposti a un’analisi approfondita.

L’introduzione di questi approcci statistici è finalizzata a prevenire potenziali failure o OOS (out of specification) durante il periodo di shelf life precedentemente approvato/proposto. In altre parole, si tratta di una misura proattiva e preventiva per assicurare che la qualità e la sicurezza del prodotto farmaceutico siano mantenute costantemente durante l’intero periodo di conservazione autorizzato e riportato in etichetta.

L’analisi dei dati di stabilità “on-going” consente di monitorare in ogni momento l’integrità del farmaco nel tempo, valutando la sua stabilità e sicurezza a intervalli regolari. Ciò offre una maggiore sicurezza e affidabilità durante l’intero periodo di shelf life, evitando potenziali sorprese indesiderate e assicurando che il farmaco mantenga i requisiti di qualità stabiliti anche oltre i limiti temporali inizialmente previsti.

In accordo alla linea guida l’analisi di regressione viene considerata un approccio adeguato per analizzare i dati di stabilità relativi a un attributo quantitativo e la natura della relazione tra quest’ultimo ed il tempo. Se la relazione tra l’attributo e il tempo è lineare, ovvero l’attributo varia in modo costante rispetto al tempo, allora si utilizza una regressione lineare. Tuttavia, in alcuni casi, l’attributo può seguire un modello di cambiamento più complesso, come una crescita esponenziale o una curva logaritmica. In questi casi, è necessario utilizzare un modello di regressione non lineare.

Questa relazione permette di comprendere il comportamento dell’attributo nel tempo e di stimare in modo statistico il periodo di ritenuta o shelf life durante il quale tale attributo rimarrà entro i criteri di accettazione specificati.

Questa nuova prospettiva sulla valutazione dei dati di stabilità rappresenta uno step indispensabile nel campo dell’industria farmaceutica la quale è tenuta a dimostrare l’impegno costante nel garantire la massima sicurezza e l’efficacia dei farmaci destinati ai pazienti.

Articolo a cura di Stefano Pandolfi, GxP Compliance Expert di Adeodata S.r.l.


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ICHQ9(R1) Quality Risk Management, le novità della revisione R1

Introduzione

Emessa a gennaio 2023, la revisione 1 dell’ICHQ9 relativa al Quality Risk Management (QRM) apporta alcuni approfondimenti e relativi dettagli rispetto all’edizione precedente, lasciando pressoché inalterato il flusso del processo di gestione di rischio.

Eccezione è l’utilizzo del termine Hazard, nel primo step del Risk Assessment, Hazard Identification, definita come:

The systematic use of information to identify potential sources of harm (hazards) referring to the risk question or problem description (ICHQ9R1, Definition).

Quattro sono fondamentalmente le novità introdotte, che scaturiscono da altrettanti punti che necessitavano approfondimenti:

  • Elevati livelli di soggettività nelle valutazioni del rischio e negli output QRM
  • Rischi di disponibilità del prodotto
  • Mancanza di comprensione di ciò che costituisce una formality nel lavoro QRM
  • Mancanza di chiarezza sul processo decisionale basato sul rischio

Soggettività

Con l’introduzione di un paragrafo dedicato “5.3 Managing and Minimizing Subjectivity”, la rev 1 dell’ICHQ9 sottolinea l’importanza di riconoscere e la necessità di minimizzare la soggettività nella gestione dei rischi qualitativi.

La soggettività può avere un impatto su ogni fase di un processo di gestione del rischio di qualità, ad esempio sull’identificazione dei pericoli, sulla valutazione del rischio, sulla stima e sulla definizione delle scale di punteggio della probabilità e della gravità del danno, può anche avere un impatto sulla stima della riduzione del rischio e sull’efficacia delle decisioni prese a seguito di un esercizio di gestione del rischio.

La soggettività non può essere completamente eliminata, ma il team di lavoro deve riconoscere e affrontare il potenziale di soggettività, ad esempio utilizzando correttamente gli strumenti di risk analysis e massimizzando l’uso di dati oggettivi e di conoscenza.

“Decision makers should assure that subjectivity in quality risk management activities is managed and minimized, to facilitate scientifically robust risk-based decision-making” (ICHQ9 R1, 4.1).

Disponibilità di prodotto

La revisione precedente dell’ICH Q9 affrontava già i problemi di disponibilità del prodotto: la definizione di danno include infatti anche il danno “da una perdita di disponibilità del prodotto”.  Nella revisione attuale viene data maggiore enfasi a questo aspetto, attraverso le indicazioni del paragrafo

“6.1 The role of Quality Risk Management in Addressing Product Availability Risks Arising from Quality/Manufacturing Issues”.

I problemi di qualità/produzione sono una causa significativa di problemi di disponibilità dei prodotti e l’applicazione della gestione del rischio di qualità consente l’identificazione proattiva e l’implementazione di misure preventive che supportano la disponibilità del prodotto.

  • Una variabilità eccessiva dei processi di produzione può ad esempio comportare risultati inaspettati con un impatto negativo sulla disponibilità del prodotto. La gestione del rischio di qualità può aiutare a progettare sistemi di monitoraggio in grado di rilevare deviazioni e carenze.
  • Una infrastruttura obsoleta, una manutenzione insufficiente o una progettazione operativa vulnerabile all’errore umano possono avere impatto sulla produzione/qualità. Una attenta valutazione di tali rischi, unitamente all’uso di tecnologie moderne, può aiutare a ridurre eventuali problematiche di approvvigionamento.
  • La disponibilità di prodotto può essere influenzata anche da una corretta strategia della catena di fornitura durante il ciclo di vita del prodotto. L’approvazione e il monitoraggio delle attività esternalizzate e dei fornitori di materiali si basano su una attenta valutazione del rischio, che quindi, anche in questo caso, può rappresentare una minimizzazione del rischio di disponibilità di prodotto.

Formality

Ulteriormente sviluppata, per una comprensione più profonda, un’applicazione più efficace e una migliore esecuzione delle attività QRM, alla formality è dedicato il paragrafo

“5.1 Formality in Quality Risk Management”.

Una comprensione della formality può portare a un utilizzo più efficiente delle risorse, in cui i problemi a basso rischio vengono affrontati con mezzi meno formali, liberando risorse per la gestione di problemi a rischio più elevato (ICHQ9R1, Introduzione)

La formality nella gestione del rischio di qualità non è un concetto binario, cioè formale/informale: gradi diversi di formality possono essere applicati, in modo che la stessa possa essere considerata un continuum (uno spettro), da basso ad alto.

Nel determinare la quantità di formality da applicare, possono essere considerati alcuni fattori:

  • Incertezza, ovvero mancanza di conoscenza, quanto meno si conosce del processo o area tematica, tanto maggiore sarà il livello di formality
  • Importanza: quanto più importante può essere una decisione basata sul rischio in relazione alla qualità del prodotto, tanto maggiore sarà il livello di formality
  • Complessità: quanto più un processo o un’area tematica è complessa per un’attività di gestione del rischio di qualità, tanto maggiore sarà il livello di formality

L’approccio generale per determinare i livelli di formality deve essere descritto all’interno del sistema qualità aziendale, in cui non è accettabile che i vincoli di risorse siano utilizzati per giustificare l’uso di livelli di formality più bassi.

“Regardless of how much formality is applied, the robust management of risk is the goal of the process (ICHQ9R1, 5.1)”

Processo decisionale

Cosa significa effettivamente un buon processo decisionale basato sul rischio? come il QRM può migliorare il processo decisionale? come si potrebbero prendere decisioni basate sul rischio? Le risposte a domande simili si trovano all’interno del paragrafo

“5.2 Risk based decision making”.

Le decisioni prese al termine di esercizi di valutazione di rischi includono quelle in relazione a quali pericoli esistono, i rischi associati, i controlli, l’accettabilità del rischio residuo e anche la comunicazione e la revisione; tutti gli step del flusso di gestione di rischio sono accompagnati da un processo decisionale.

Un efficace processo decisionale inizia con la determinazione del livello di impegno, formality e documentazione che deve essere applicata durante il processo di gestione del rischio di qualità.

Esistono diversi processi che possono essere utilizzati per prendere decisioni basate sul rischio; questi sono direttamente correlati al livello di formality applicato, più il processo è strutturato e più il livello di formality è alto e viceversa.

  • Processi decisionali altamente strutturati: alto grado di importanza e quando il livello di incertezza e/o complessità è elevato
  • Processi decisionali meno strutturati: alto grado di importanza, ma il grado di incertezza e/o complessità è inferiore
  • Approcci basati su regole: sono in essere SOP, politiche o requisiti che determinano quali decisioni devono essere prese

Gli approcci di cui sopra aiutano a riconoscere il livello di incertezza dei processi ed a strutturare un esercizio decisionale funzionale alla conoscenza del processo stesso e con un grado di formality adeguato.

In conclusione

I processi e gli esercizi di valutazione di rischio sono oramai parte integrante dei sistemi di gestione qualità, non solo nella realtà farmaceutica.

Il QRM, processo sistematico per la valutazione, controllo, comunicazione e verifica dei rischi per la qualità del farmaco, può essere applicato in modo sia prospettivo che retrospettivo e deve assicurare che:

  • La valutazione del rischio sia basata sulla conoscenza scientifica, sull’esperienza del processo, sulla tutela del paziente
  • Il livello di impegno, formalizzazione e documentazione del processo sia commisurato al livello di rischio
  • La soggettività sia riconosciuta e minimizzata
  • I processi decisionali siano efficaci e commisurati all’incertezza e all’importanza del rischio
  • La disponibilità del prodotto sia assicurata

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Articolo a cura di Marta Carboniero, GxP Compliance Expert Adeodata srl

Q&A: Conte particellari e Monitoraggio Microbiologico nell’Annex 1

L’Annex 1 “Manufacture of Sterile Medicinal Products” contenuto nelle GMP Europee e pubblicato nel 2022 nella sua versione finale, illustra i requisiti di produzione per i farmaci sterili fabbricati e importati nell’UE.

Nella produzione farmaceutica, è fondamentale gestire la presenza di particelle sia vitali che non vitali. I criteri per sorvegliare l’ambiente rimangono principalmente invariati rispetto alla versione draft dell’Annex 1. Le modifiche apportate nella versione finale del documento riguardano principalmente il rilievo dell’importanza del controllo strategico, ottenuta tramite un maggiore allineamento con altre regolamentazioni esistenti. Inoltre, sono stati potenziati gli elementi come la strategia di controllo della contaminazione (CCS), la guida allargata sulla classificazione, la sorveglianza delle aree sterili e la definizione di rischio di qualità (QRM). Questi aspetti continuano a rappresentare i pilastri principali per stabilire processi, operazioni e limiti relativi al monitoraggio microbiologico.

Particle Measuring Systems (PMS) ha recentemente ospitato un webinar sul nuovo Annex 1 2022 Revision. Di seguito alcune risposte alle domande fornite dall’esperto del settore Mark Hallworth in merito al monitoraggio ambientale e alle conte particellari.

1. C’è bisogno di un campionamento in continuo di particelle non vitali (NVP) nelle aree di grado C/D? (ad esempio, dove avviene la produzione, o collegate a stanze/cappe di grado B)

Non vi è alcun requisito specifico del regolamento che indichi di inserire un dispositivo di controllo in continuo in queste aree, sebbene abbiamo esempi in cui sono stati installati. Queste aree sono normalmente monitorate da operatori che si spostano da un luogo all’altro utilizzando una strumentazione portatile. Il campionamento portatile, sebbene utilizzi il personale interno all’azienda, ha comunque un costo legato al tempo/uomo impiegato per svolgere l’attività di campionamento.
Molte di queste aree, invece, possono essere coperte da 1 o 2 sensori fissi, consentendo agli operatori di concentrare i propri sforzi nello svolgimento di altre operazioni.

2. È necessario disporre di un sistema di monitoraggio in continuo per le particelle nelle aree di Grado A se possiamo giustificare nel CCS/QRM che non è necessario un sistema in continuo?

Se ci sono prove sufficienti, supportate da una valutazione del rischio, che dimostrano che i parametri che possono influenzare negativamente la qualità del prodotto finito non sono influenzati, allora potrebbe non essere necessario un monitoraggio continuo. Tuttavia, alcune volte, gli ispettori potrebbero richiedere una quantità significativa di prove per essere convinti di questa situazione, congiuntamente a un piano di qualità che possa difendere questa posizione. La ragione di fondo risiede interamente nella strategia di controllo della contaminazione (CCS). Implementare l’approccio Quality by Design (QbD) in un processo con molte variabili può comunque essere un compito difficile da dimostrare.

3. Sulla base del nuovo Annex 1, è ora necessario eseguire la (ri)classificazione In-Operation con il conteggio delle particelle per il grado D?

La classificazione annuale dovrebbe essere eseguita per tutte le aree. Questa attività annuale consente uno studio di base dei locali indipendentemente dal rischio e assicura essenzialmente che la stanza soddisfi i suoi criteri di progettazione. I test vengono eseguiti in più posizioni all’interno dell’area non limitandosi solo a quelle selezionate e definite in fase di valutazione del rischio. Se ci sono particolari attività note che contaminano potenzialmente l’aria, queste possono essere incluse come parte della classificazione. Dovrebbero, tuttavia, far parte della valutazione del rischio e si dovrebbe definire quando deve essere eseguito il monitoraggio.

4. Possiamo approfondire il tema sulle tecnologie BFS indicate nell’Annex 1 per quanto concerne le particelle e la qualità microbica dell’aria?

L’Annex 1 menziona due tipi principali di apparecchiature Blow-Fill-Seal (BFS): quelle con un meccanismo a navetta e quelle che utilizzano un meccanismo rotante. In entrambi i casi, si intende che il riempimento primario sia eseguito in un ambiente di Grado A e la macchina stessa sia collocata almeno in un locale di Grado C.

Il “plenum” associato ai meccanismi della navetta deve essere monitorato continuamente per i livelli di contaminazione microbica e particellare definiti nella CCS del sito. Sebbene si tratti idealmente di un monitoraggio continuo, questa frequenza può essere modificata se giustificata da dati e prove scientifiche. Gli impianti sono sostanzialmente liberi da interventi da parte dell’operatore (a meno che non si verifichi un evento catastrofico) ed è necessario accedere al “plenum” per eseguire il monitoraggio. Molti sistemi di questo tipo utilizzano porte per il campionamento e per il monitoraggio di routine, e queste porte possono essere adottate per un uso più continuativo.

I meccanismi di tipo rotativo sono leggermente diversi: non c’è il “plenum”, e l’aria del “parison” è altresì l’aria della guaina. È molto comune monitorare continuamente l’ambiente in questa stanza per dimostrare che le condizioni si mantengano uniformi nel tempo. Inoltre, è comune definire livelli di allerta più rigorosi per essere in grado di reagire prima che si verifichino eventi straordinari. L’aria di processo deve essere monitorata.

5. Qual è l’applicabilità dell’Annex 1 ai fabbricanti di dispositivi medici?

Gli standard GMP sia per i dispositivi medici che per i prodotti sterilizzati terminalmente rappresentano ancora un’area grigia non chiaramente normata, per cui si cerca di utilizzare gli standard pertinenti, con l’obiettivo di dimostrare il controllo della contaminazione delle camere bianche.

Per i dispositivi medici, il tasso di sterilizzazione terminale garantisce che un numero noto di microbi di superficie venga ridotto a un livello accettabile e che, se fabbricati in uno spazio pulito e controllato, la pulizia aggiuntiva richiesta sia ridotta. Man mano che gli standard cambiano, anche gli utenti secondari dello standard dovranno spostare i propri obiettivi. I limiti e l’interpretazione della guida sono molto simili a quelli delle revisioni rilasciate in precedenza. L’unica sfida aggiuntiva potrebbe essere la mappatura del carico microbiologico nelle camere bianche, per rafforzare il CCS, anche se rivedere il controllo della contaminazione non è mai una cattiva pratica da eseguire.

6. Le calze devono essere cambiate quando si entra nel nucleo asettico?

Citando l’Annex 1, il capitolo 7.14 recita “[…] Gli indumenti da esterno, compresi i calzini (diversi dalla biancheria intima personale), non devono essere portati negli spogliatoi che conducono direttamente alle aree di grado B e C [….]”. Dunque, gli abiti “da strada” non dovrebbero entrare nel nucleo asettico, nè durante la vestizione nel grado A/B. Significa forse che i calzini, come i camici, richiederanno servizi di lavanderia? Questo non è stato ancora chiarito.

7. Durante il riempimento asettico, dovremmo prelevare un campione dai guanti RABS dopo ogni intervento?

Non è buona norma, perché il guanto rimane all’interno del RABS. Al termine del riempimento, invece, il test dei guanti deve essere eseguito come parte del normale test delle superfici critiche.

8. Cosa si intende per “efficienza di recupero” nella sezione 9.29 dell’Annex 1?

Questo argomento è aperto a diverse interpretazioni. Quando pensiamo al recupero microbiologico dobbiamo capire la differenza tra le tecniche: tampone floccato vs tampone filato, piastra vs tampone, membrane RMM vs piastra e transito dei campioni nella strumentazione RMM. Indipendentemente dalla tecnica scelta, dovrebbe essere individuata la tecnica più adatta per l’applicazione e, conseguentemente, rivista l’efficienza di recupero dei microrganismi rispetto ai metodi tradizionali o alternativi. È necessario determinare se il metodo scelto offre il risultato più adatto per il processo.

9. L’Annex 1 fa riferimento alla norma ISO 14644 che afferma che il test di recupero non è raccomandato per le aree classificate ISO 8 e 9? Ciò sarebbe leggermente in contraddizione con il requisito dell’Annex 1?

Il test di recupero dimostra che il tasso di ricambio dell’aria è sufficiente per diluire le particelle fino a una soglia accettabile. Queste particelle, se applicate a uno standard industriale come la classificazione ISO, si applicano a una vasta gamma di settori.

Per la produzione asettica, la garanzia che le stanze siano in grado di funzionare secondo i criteri di progettazione richiesti garantisce che la contaminazione non venga portata oltre il confine della stanza per compromettere spazi più puliti. Nell’Annex 1 si fa specifico riferimento allo standard ISO 14644 come riferimento per migliorare i requisiti in base alle esigenze specifiche del settore.

10. Le piastre di sedimentazione sono necessarie per le aree di grado B/C/D? C’era una warning letter da parte della FDA riguardo alla mancata inclusione della piastra di sedimentazione nel programma di Environmental Monitoring (EM).

Secondo la guida della FDA sulla produzione asettica, l’uso di piastre di sedimentazione per il monitoraggio è facoltativo per il monitoraggio di routine. L’osservazione nella Warning Letter potrebbe essere stata che, come parte dell’intero programma EM, non sono stati presi in considerazione i dati della piastra di sedimentazione. I dati della piastra di sedimentazione sono diversi dai dati del monitoraggio attivo dell’aria; durante il campionamento con piastra di sedimentazione non vi è alcun impatto durante la raccolta del campione e, pertanto, gli organismi delicati potrebbero non sopravvivere al campionamento attivo ma potrebbero sopravvivere al campionamento passivo. Potrebbe non essere necessario eseguire dei test giornalieri, ma dovrebbe essere previsto nel programma per dimostrare che tutte le variabili sono state considerate, anche solo per dimostrare l’esclusione dal programma EM.

Articolo a cura della Dr.ssa Cristina Da Valle
GxP Compliance Expert Adeodata srl


Fonte:

Particle Measuring System: Annex 1 Domande Frequenti

Q&A Reattivi e reagenti nel laboratorio QC chimico

La prima settimana di luglio si è svolto un free webinar dal titolo Reattivi e reagenti nel laboratorio QC chimico a cura di Stefano Pandolfi, GxP Compliance Expert di Adeodata srl.

Il focus del webinar è stata la determinazione delle scadenze di reattivi e reagenti in assenza di indicazioni da parte del produttore/fornitore.

Al termine dell’incontro sono state poste al relatore moltissime domande. Le abbiamo raccolte qui insieme alle relative risposte fornire dal nostro esperto.

1. Le condizioni di stoccaggio dei reagenti in genere sono nei CoA o negli MSDS ? e se non sono chiaramente dichiarate?
In base alla mia esperienza le informazioni relative allo stoccaggio possono essere recepite dalle seguenti fonti:

  1. CoA/Sito del fornitore – alcuni fornitori riportano anche delle schede con le specifiche nei loro siti.
  2. MSDS.
  3. PubChem.
  4. Merck Index.

Se non riesce a trovare queste informazioni può tentare di chiedere direttamente al fornitore o magari al suo reparto HSE/Sicurezza.

In assenza di condizioni di stoccaggio specifiche può tranquillamente stoccare il materiale a temperatura ambiente controllata di laboratorio (assumendo che eventuali rischi/condizioni specifiche sarebbero state indicate chiaramente).

2. In generale, qualora non ci fosse la possibilità di fare uno studio interno, inserire una data di scadenza dall’apertura, di un anno, anche a fronte della scadenza triennale data dal produttore…è attaccabile?
La risposta è: si, purtroppo è attaccabile.
La spiegazione sta nel fatto che qualsiasi assunzione che facciamo in assenza di un razionale non ha basi scientificamente valide per poter essere sostenuta.

Attribuire 1 anno di scadenza dall’apertura, nonostante sia restrittivo rispetto al periodo del contenitore chiuso (3 anni), non ha un razionale che prenda in considerazione le caratteristiche chimico/fisiche del materiale.

Per assurdo potrebbe anche essere < 1 anno, dopo valutazione e risk analysis.

Il mio suggerimento, come ho anticipato durante il webinar, è quello di fare una valutazione scalare per giustificare i propri approcci partendo dalle indicazioni della linea guida dell’OMCL e, per i materiali non coperti, costruire una risk analysis per determinare un fattore di riduzione della shelf life scientificamente valido e sostenibile. Come indicato nel webinar non è necessario procedere con studi sperimentali, è sufficiente un approccio teorico e documentale.


3. Sei a conoscenza di laboratori che usano reagenti scaduti previa dimostrazione for indented use? o meglio se secondo voi sarebbe tollerato dalle enti ispettivi.
Non so se ho interpretato correttamente la domanda ma faccio un recap veloce sull’uso di reattivi/reagenti scaduti.

I casi in cui possono essere utilizzati sono:

  1. Reattivo usato per uso quantitativo, scaduto, impiegato successivamente per usi “minori” qualitativi. Esempio: Sodio Idrossido 1 N come Titolatore per analisi di determinazione del Titolo (volumetrico e potenziometrico). Una volta scaduto potrebbe essere utilizzato per usi minori come i test di acidità ed alcalinità o saggi minori di Ph. Europea/USP dove questa base viene usata solo per far virare l’indicatore o neutralizzare altri reattivi/reagenti. Questo “passaggio di destinazione” dovrebbe comunque essere preso in considerazione nel Risk Assessment. Nelle mie esperienze in QC consideravo lo stesso reattivo come una doppia voce andando dunque ad attribuire diversi fattori di riduzione in base all’intended use. Il reattivo poi veniva etichettato con doppia scadenza, ognuna legata a specifiche indicazioni d’uso (quantitativo e qualitativo).
  2. Reattivo usato per uso quantitativo/qualitativo, scaduto, ma che prevede un test di verifica previo utilizzo (es. indicatori e test di sensibilità) – in questo caso il test prima dell’uso rappresenta una sorta di mitigazione del rischio e mi permette di verificare contestualmente all’uso se questo reattivo funziona o meno. In questo caso potrebbe essere utile fare questo test anche se il reattivo è scaduto ed in caso di “pass” usarlo nell’analisi. Sarebbe meglio tuttavia che questo approccio venisse documentato chiaramente per non incorrere in problematiche con gli enti ispettivi.

In ogni caso il discorso è sempre borderline ed il mio consiglio è non approfittarne.

L’uso di reattivi scaduti dovrebbe essere ponderato attentamente, seppur giustificato – se c’è una motivazione economica e di cost saving (es. il reattivo ha un costo esorbidante ed un uso non frequente) allora può essere utile fare questa valutazione (documentandola), altrimenti il mio suggerimento è scartare e non impelagarsi in situazioni particolarmente spinose.
Come sa bene in assenza di indicazioni chiare da parte delle norme si cade spesso in un’interpretazione (anche delle linee guida) e dunque ogni ispettore poi ha la sua opinione.

4. Quanto è attaccabile in fase di ispezione ridursi alla categorizzazione dei reattivi (e quindi l’attribuzione della shelf life) secondo quanto riportato dalla linea guida OMCL?
Partiamo dal presupposto che purtroppo, come ho anticipato durante il webinar, molte aziende ancora ad oggi non hanno un sistema in grado di giustificare le shelf life dopo l’apertura dei reattivi/reagenti.

In un ideale utopico sarebbe sicuramente meglio che ogni singolo reattivo e reagente venga sottoposto ad uno studio ad hoc che prenda in considerazione ogni singola caratteristiche chimico/fisica.
Sappiamo però che sarebbe un lavoro oltremodo impegnativo per qualsiasi QC ed è per questo motivo che una valutazione supportata dalla Risk Analysis è sicuramente un buon punto di partenza.

Passare attraverso una categorizzazione generale dei reattivi/reagenti ci aiuta ad abbattere lo sforzo dell’esercizio di valutazione e per personale esperienza è sempre stato accettato con entusiasmo sia dai clienti che dagli enti regolatori con i quali ho avuto modo di interfacciarmi. Ad oggi il Risk Managament è l’unico mezzo riconosciuto che ci permette di alleggerire determinati approcci.

La linea guida dell’OMCL è il primo step a cui fare riferimento, potete aggiungere o togliere categorie/tipologie in base alle vostre esigenze.
Il mio suggerimento è partire da qui per poi, sulla base delle esperienze con gli enti regolatori, andare a perfezionare la risk analysis.
Cercate di affrontare i casi specifici separatamente, se necessario, ma per tutto il resto è più che sufficiente categorizzare e generalizzare.
Il grado di dettaglio della Risk Analysis varia molto in funzione del laboratorio quindi ogni caso è differente.
L’importante è trasmettere l’intenzione del QC nel voler affrontare la questione ed avere una risposta da dare su richiesta quando ci chiedono come mai diamo 1 anno di scadenza, piuttosto che 2 o 6 mesi (esempi).

5. L‘approccio è lo stesso sia per reagenti liquidi che per polveri? La scadenza può essere determinata esclusivamente in base a dati raccolti nel corso degli anni su un determinato reagente?
La risposta è : non c’è differenza di approccio tra reagenti liquidi/polveri.

Lo stato fisico in cui si trova il reagente dovrà essere preso in considerazione nella categorizzazione fatta in fase di risk analysis (es. soldi organici, liquidi organici, solidi inorganici e solidi organici) in quanto può avere un effetto sulla stabilità chimico/fisica del reattivo/reagente.

Per quanto riguarda la shelf life dopo apertura non necessariamente deve essere supportata da dati sperimentali derivanti dall’esperienza raccolta nel corso degli anni, anzi.

Consideri che l’approccio discusso durante il webinar è un qualcosa che deve necessariamente rimanere “aperto” nel senso che dovrebbe essere aggiornato nel caso in cui venga introdotto un nuovo reattivo/reagente (e di conseguenza non disponiamo di dati storici a supporto).

Se però per qualche motivo la vostra esperienza vi ha portato ad avere maggiori indicazioni su un determinato reattivo/reagente tali da perfezionare la valutazione allora è sicuramente un plus da considerare, ma non è strettamente necessario.

È sufficiente predisporre una valutazione teorica/documentale con l’approccio che ho suggerito durante il webinar.

6. Le stesse considerazioni possono essere fatte anche per le valutazioni delle scadenze degli standard?
Per quanto riguarda gli standard e l’attribuzione della loro shelf life purtroppo il discorso è molto più complesso e quanto ci siamo detti durante il webinar è soltanto parzialmente applicabile.
Gli standard (soprattutto i secondari in house) devono essere valutati singolarmente e non è possibile categorizzarli.

L’aspettativa degli enti ispettivi è che venga fatto uno studio di stabilità ad hoc che giustifichi il periodo di apertura e conservazione.

Se abbiamo un WS da cui attingiamo (magari 1 solo flacone, madre) dovremmo essere in grado di giustificare il perché lo conserviamo per un determinato tempo (es. 1 mese?).
Il razionale deve passare necessariamente da uno studio sperimentale e l’approccio dev’essere spiegato/giustificato mediante apposito protocollo.
Il come farlo dipende molto dalla vostra situazione specifica.

In assenza di razionale l’aspettativa è che si applichi l’approccio monouso come per i reference compendiali (EP/USP) anche se siamo tutti consapevoli che non è sempre facile in quanto richiede il tempo di predisporre tutte le quantità monouso in singoli flaconcini.

Il mio suggerimento è quello di valutare anche la possibilità di fare delle stabilità direttamente sulle soluzioni standard in modo tale da deviare il problema sulla soluzione e fare anche un minimo di cost saving. Es. devo usare un determinato standard per fare un analisi di controllo di processo ogni giorno per 2 settimane. In assenza di un razionale sulla shelf life dello standard dovrò usare ogni giorno (14 utilizzi) una nuova aliquota di standard per preparare ogni giorno una soluzione fresca.
Se sposto la problematica sulla soluzione potrò conservare la 1° soluzione standard e poi, nei 13 utilizzi successivi, testarla in coda (solo a scopo qualitativo per analisi di stabilità) facendo comunque le 13 soluzioni standard giornaliere fresche.
Userò la soluzione standard fresca per fare l’analisi ufficiale e la re-iniezione della soluzione n°1 per testarne la stabilità (a voi determinare opportuni criteri di accettazione su SST, RF, RSD, ecc.).
Una volta concluso il mio studio di 14 giorni sarò in grado di dimostrare che quella soluzione standard può essere usata per 14 giorni e dalla volta successiva avrò risparmiato 13 utilizzi di WS.


Stefano Pandolfi
GxP Compliance Expert

ICH Q12-Pharmaceutical Product Lifecycle Management: scenari di implementazione

L’ICH Guideline Q12 on technical and regulatory considerations for pharmaceutical product lifecycle management è stata pubblicata nel 2019 allo scopo di armonizzare i change post-approvazione, facilitare l’innovazione scientifica e aiutare e mitigare la carenza di farmaci.
L’integrazione di questa linea guida nel quadro normativo dell’Unione Europea (UE) è però ancora lontana. Nell’articolo vengono presentati alcuni “strumenti e fattori abilitanti” già implementati nell’UE e nuovi strumenti quali le “Established Conditions (CE)” e il documento sulla “gestione del ciclo di vita del prodotto (PLCM)” e sarà discussa una possibile strategia di implementazione.

Introduzione

La linea guida ICH Q12 è stata adottata nella sua versione finale nel gennaio 2020 ed ora si deve procedere all’implementazione. La linea guida ICH Q12 stabilisce le condizioni per la gestione delle modifiche CMC (Chemistry Manufacturing and Control) post-approvazione. Il suo obiettivo è quello di consentire gli sviluppi tecnici e allo stesso tempo di sviluppare requisiti normativi sulle modifiche post-approvazione durante l’intero ciclo di vita dei medicinali in modo armonizzato ed efficace

Con l’implementazione della linea guida ICH Q12 vengono proposti i cosiddetti strumenti e fattori abilitanti. Il loro obiettivo è quello di consentire una gestione uniforme e facilitata delle modifiche post-approvazione per le Autorità regolatorie e i titolari AIC coinvolti.

Gli strumenti e i fattori abilitanti proposti sono:

  • Categorizzazione delle modifiche post-approvazione
  • Condizioni stabilite (EC “Established Conditions”)
  • Protocollo di gestione delle modifiche post-approvazione (PACMP “Post approval Change Management Protocol”)
  • Documento di gestione del ciclo di vita del prodotto (PLCM “Product Lifecycle Management” )
  • Sistema di qualità farmaceutica (PQS “Pharmaceutical Quality System”) e gestione dei change
  • Relazione tra valutazione regolatoria e ispezione
  • Approcci strutturati per frequenti modifiche post-approvazione
  • Approcci ai dati di stabilità per supportare la valutazione del CMC

Alcuni di questi strumenti sono già utilizzati dall’UE, come:

  • La categorizzazione dei change post-approvazione
    Variazione minore di tipo IA o IB, variazione maggiore di tipo II, estensione dell’autorizzazione
  • Il protocollo di gestione dei change post-approvazione
    Stabilito nella Implementation guidelines to Regulation (EC) No 1234/2008, e descritto negli annex ID e IE dell’ICH Q12
  • Il sistema di qualità farmaceutico e il sistema di gestione dei change
  • La relazione tra valutazione regolatoria e ispezione
    Regolata a livello Europeo e nazionale – articoli 111, 122 e 125 della Direttiva 2001/83/EC, §§ 64, 68 AMG e §§ 12, 13 AMGVwV
  • L’approccio strutturato per frequenti modifiche post-approvazione
    Gli orientamenti per l’attuazione del Regolamento (CE) n. 1234/2008 specificano un approccio strutturato per le variazioni singole o multiple dei termini delle autorizzazioni all’immissione in commercio. Le condizioni da soddisfare e i documenti da presentare sono specificati per tutte le possibili variazioni.
  • L’approccio ai dati di stabilità per supportare la valutazione del CMC
    Le linee guida per l’implementazione del Regolamento CE 1234/2008 e la Parte I, Capitolo 6.33, delle EU GMP stabiliscono la necessità di pianificare o presentare prove di stabilità adeguate insieme alle variazioni.

Il concetto e la classificazione delle EC e del documento PLCM che ne deriva non sono ancora stabiliti nel corpus legislativo dell’UE (EUDRALEX).

Established conditions e gestione del ciclo di vita del prodotto nell’area legislativa UE (PLCM)

Le discrepanze tra la situazione legale nell’UE e i requisiti della linea guida ICH Q12 per quanto riguarda le EC e il documento PLCM sono affrontate nella Nota sull’implementazione UE di ICH Q12:

The ICH Q12 Guideline refers to this required or necessary information as ‘Established Conditions’ (ECs). While this term does not exist in the EU variation legal framework, generally speaking, Established Conditions mirror information and quality characteristics that are subject to a variation, as described in the EU Variation Regulation (EC) No 1234/2008 (as amended) and associated EU Variation Guidelines.However, additional scientific risk-based approaches to defining Established Conditions and associated reporting categories […] and the Product Lifecycle Management (PLCM) Document […] are not considered compatible with the existing EU legal framework on variations.It is important to note that the legal framework always takes precedence over technical and scientific guidelines. More specifically this means that the definition of Established Conditions and their reporting categories must follow the requirements laid down in the current EU Variations Regulation and associated EU Variations Guidelines.[…]Irrespective of the above, the tools and concepts in the ICH Q12 Guideline that are not foreseen in the EU legal framework will be considered when this framework will be reviewed. In the meantime, the European Commission, together with the EMA and the National Competent Authorities, will continue to work on the implementation of the ICH Q12 Guideline within the existing EU legal framework.

Pertanto, questa nota deve essere intesa come una dichiarazione di intenti. La nota prevede che anche gli strumenti e i fattori abilitanti non legalmente definiti, come le EC o il documento PLCM, saranno prima o poi inclusi nel corpus legislativo dell’UE relativo alla legislazione farmaceutica. Attualmente, però, né le EC né il PLCM sono applicabili nell’UE. Ciò solleva la questione della forma che assumeranno e degli adeguamenti legali che saranno necessari per l’attuazione.

Established conditions – definizione secondo ICH Q12

Le condizioni stabilite “rispecchiano le informazioni e le caratteristiche qualitative soggette a variazione, come descritto nel Regolamento UE sulle variazioni (CE) n. 1234/2008 (e successive modifiche) e nelle relative Linee guida UE sulle variazioni“. Ciò significa che è necessario prendere in considerazione l’autorizzazione all’immissione in commercio.

Le informazioni da includere nella domanda di autorizzazione all’immissione in commercio sono chiaramente definite. Il Common Technical Document (CTD) è un elemento chiave dell’autorizzazione all’immissione in commercio e contiene le informazioni richieste sulla fabbricazione e sul controllo qualità delle sostanze attive e degli eccipienti utilizzati e del medicinale.

Ma quali sono le “Established Conditions” nel CTD?

La linea guida ICH Q12 contiene la seguente definizione:

ECs are legally binding information considered necessary to assure product quality. As a consequence, any change to ECs necessitates a submission to the regulatory authority.

Queste informazioni vincolanti riguardano la qualità del prodotto. Ciò significa che la domanda posta in precedenza sulle “Established conditions” nel CTD rimane senza risposta. La domanda da porsi è “Qual è l’intenzione della norma?“.
ICH Q12 da la seguente risposta:

The concept of ECs provides a clear understanding between the MAH and regulatory authorities regarding the elements to assure product quality and that involve a regulatory communication, if changed. This guideline describes how ECs are identified as well as what information can be designated as supportive information that would not involve a regulatory communication, if changed. In addition, guidance is included for managing revisions of the ECs.

Ciò significa che le EC devono essere intese come informazioni sulla qualità del medicinale concordate tra il titolare AIC da un lato, e l’Autorità che concede l’approvazione dall’altro. Inoltre, le variazioni delle EC sono soggette alle norme del Regolamento n. 1234/2008.

Pertanto, tutte le informazioni sulle specifiche dei materiali, sui parametri di processo della produzione e dei test, sui controlli in process, sui tempi di esecuzione, ecc. devono essere intese come EC. I rapporti di sviluppo, le analisi del rischio e i rapporti di convalida, invece, rientrano nel concetto di “informazioni di supporto” secondo le Linee Guida ICH Q12, in quanto giustificano i parametri definiti per la produzione e il controllo di qualità e i limiti stabiliti per questi parametri. L’Allegato IA e l’Allegato IB della Linea Guida ICH Q12 contengono esempi per il processo di fabbricazione.

Come vengono definite le “condizioni stabilite”?

Per la definizione delle EC è fondamentale una comprensione del processo basata sul rischio. Questa comprensione del processo si basa sulla considerazione fondamentale di quali attributi dei principi attivi e degli eccipienti utilizzati sono rilevanti per la qualità del prodotto finito, quali parametri di processo sono critici e quali controlli sono necessari nelle diverse fasi del processo di produzione. La tecnica di Risk Analysis più adatta è la HACCP.

La base per stabilire le EC è quindi la definizione e l’identificazione dei seguenti parametri:

  • Critical quality attributes (CQA)
  • Critical process parameter (CPP)
  • Process control strategy

I requisiti per la definizione dei CQA e dei parametri critici di processo si trovano nell’Annex 15 delle EU GMP, capitolo 5.21: “A process validation protocol should be prepared which defines the critical process parameters (CPP), critical quality attributes (CQA) and the associated acceptance criteria which should be based on development data or documented process knowledge.”

I requisiti corrispondenti relativi alla definizione e all’istituzione dello sviluppo farmaceutico sono contenuti nella linea guida ICH Q8 R2 Pharmaceutical Development.

Per la definizione delle Established conditions l’ICH Q12 propone due approcci di base.

Approccio basato su parametri

Approccio minimo

minimal approach, with a limited understanding of the relationship between inputs and resulting quality attributes, will include a large number of inputs (e.g., process parameters and material attributes) along with outputs (including in-process tests).
(Chapter 3.2.3.1 ICH Q12 Guideline)

L’approccio minimo corrisponde all’approccio “tradizionale “di convalida del processo, secondo il quale vengono prodotti tre lotti consecutivi. L’esperienza ha dimostrato che vengono effettuate alcune analisi in più rispetto alla produzione di routine. La conoscenza del processo e i test effettuati derivano dall’esperienza con il prodotto, dalla conoscenza dei testi di riferimento sui processi di formulazione applicati e potenzialmente dagli sviluppi effettuati in passato.
Di solito, CQA e CPP non sono noti o non sono trattati come tali. I rapporti di sviluppo possono essere disponibili, ma di solito non è più possibile verificare la metodologia e l’affidabilità dei risultati (mancanza di tracciabilità dei dati, metodologie obsolete, prestazioni non conformi alle normative e ai requisiti legali attualmente in vigore).

Strategia di controllo: Nella maggior parte dei casi tutte le variabili di input (CQA) e i parametri di processo (CPP) rilevabili vengono registrati al 100% per tutti i lotti, perché le prove empiriche sulla comprensione e la conoscenza del processo sono insufficienti.

Procedura in caso di risultato OOS: Nel caso di un risultato OOS si può solo verificare se la deviazione si è verificata durante la produzione. Tuttavia, gli effetti di questa deviazione sui parametri OOS rimangono spesso un’assunzione vaga, poichè la verifica di un’ipotesi è pressochè impossibile a causa di relazioni e dipendenze non verificate. È difficile sviluppare un’indagine mirata. L’analisi delle cause deve spesso rimanere incompiuta e presentare possibili ipotesi.

La Figura 1 mostra la situazione nel caso di un approccio minimo. Si tratta di un esempio fittizio di una fase di miscelazione per visualizzare l’influenza del principio attivo e dell’eccipiente, nonché dei parametri di processo quali temperatura di miscelazione, tempo di miscelazione e velocità di agitazione, sulla distribuzione granulometrica e sull’omogeneità della miscela di polveri ottenuta dalla fase di produzione.

Figura 1

Approccio rafforzato

An enhanced approach with increased understanding of interaction between inputs and product quality attributes together with a corresponding control strategy can lead to identification of ECs that are focused on the most important input parameters along with outputs, as appropriate.
(Chapter 3.2.3.1 ICH Q12 guideline)

L’approccio rafforzato è caratterizzato da una chiara comprensione delle relazioni tra le variabili di input, come le specifiche dei principi attivi e degli eccipienti (CQA), i parametri ambientali e di processo (CPP) e le variabili di output (specifiche del prodotto).

La comprensione e la conoscenza del processo vengono acquisite attraverso approcci di sviluppo sistematicamente strutturati, condotti secondo le linee guida vigenti e documentati in modo completo.
I rapporti di sviluppo o di transfer disponibili possono essere classificati e utilizzati come base affidabile (informazioni di supporto). Essi stabiliscono relazioni e fissano limiti per tutte le variabili di ingresso e di uscita.

Strategia di controllo: Grazie alla maggiore conoscenza del processo, non è più necessario raccogliere tutte le informazioni disponibili per ogni lotto. Si può fare a meno di raccogliere e registrare i parametri non rilevanti. D’altra parte, c’è un alto grado di certezza nell’aver raccolto tutti i parametri realmente rilevanti. Poiché le relazioni sono note, possono essere messe in relazione (matematicamente) tra loro. È possibile sviluppare carte di controllo che collegano le variabili di ingresso e di uscita ed è possibile effettuare una verifica continua del processo.

Procedura in caso di risultato OOS: Nel caso di un risultato OOS è possibile stabilire una relazione tra le deviazioni osservate e gli effetti. Se non è possibile stabilire una relazione, significa che la comprensione del processo per questo caso di deviazione deve essere ulteriormente sviluppata. Il reparto di sviluppo è invitato a svolgere un’indagine mirata. Questo vale ancora di più se un risultato OOS continua a ripetersi.

La figura 2 mostra la stessa situazione presentata in figura 1nel caso di un approccio rafforzato. In questo esempio è già noto, grazie alla conoscenza avanzata del processo, che la distribuzione granulometrica del principio attivo influisce sulla distribuzione granulometrica della miscela di polveri. Di conseguenza, la distribuzione granulometrica del principio attivo deve essere classificata come attributo critico di qualità (CQA). Deve essere inclusa nelle specifiche delprincipio attivo e deve essere testata nel quadro della strategia di controllo. La distribuzione granulometrica dell’eccipiente è irrilevante, di conseguenza non è un CQA, non deve essere inclusa nelle specifiche dell’eccipiente e non deve essere testata.

Figura 2

Inoltre, è noto che i parametri tempo di miscelazione e velocità di agitazione sono rilevanti per l’omogeneità di miscelazione e pertanto devono essere specificati e registrati come parametri critici di processo (CPP). La temperatura di miscelazione non è rilevante per l’omogeneità di miscelazione, pertanto non deve essere necessariamente registrata e i limiti non devono essere necessariamente definiti.

Discussione

In sintesi, l’approccio basato sui parametri consiste principalmente in una conoscenza fondamentale e generale delle diverse fasi che fanno parte della produzione di medicinali. La conoscenza specifica esiste spesso solo sotto forma di esperienza con il prodotto stesso. Il fulcro dell’approccio per la valutazione della qualità del processo è la raccolta e la documentazione sistematica di tutti i possibili attributi di qualità dei principi attivi e degli eccipienti (CQA) e di tutti i parametri di processo e di macchina rilevabili (CPP). Il pool di dati disponibili può essere sottoposto a un monitoraggio dei trend, se opportuno. Tuttavia, l’importanza dei singoli parametri raccolti rimane in parte poco chiara.

Approccio basato sulla performance

In a performance-based approach, ECs could be primarily focused on control of process outputs (e.g., attributes, measurements, responses) rather than process inputs (e.g., process parameters and material attributes). This is enabled by knowledge gained from an enhanced approach, a data-rich environment, and an enhanced control strategy (e.g., models, Process Analytical Technology (PAT)). For example, a performance-based approach could be considered for manufacturing process steps with in-line monitoring of relevant attributes or with feedback controls or optimization algorithms to achieve the relevant targets for that process step. When considering this approach, it is important to ensure that all relevant parameters and material attributes that have a potential to impact product quality are monitored and equipment used remains qualified in order to assure a stable process. […]
(Chapter 3.2.3.1 ICH Q12 Guideline)

L’approccio basato sulle performance è quello più avanzato per ottenere la comprensione e la conoscenza del processo. Richiede un’analisi sistematica e scientifica del processo. Le singole fasi del processo sono ben progettate e vengono valutate individualmente in un’analisi dei rischi orientata al processo per quanto riguarda la loro criticità. I parametri di ingresso CQA e CPP sono definiti e provati sperimentalmente. Esistono rapporti di sviluppo o di trasfer chiari, comprensibili e validi.

Le convalide iniziali del processo tengono conto di aree predeterminate nella loro progettazione e sono concepite in modo tale da esaminare le condizioni peggiori. In questo modo, per le produzioni in corso è garantito che tutti i lotti i cui CQA e CPP rientrano nelle specifiche definite saranno conformi alle specifiche del prodotto finale. Concetti come NOR (normal operating range), DSp (design space), PAR (proven acceptable range), EC (established conditions) sono definiti e svolgono un ruolo per lo sviluppo del processo e per la produzione in corso.

I Design spaces sono noti e definiti nelle sperimentazioni i (Design of Experiments (DoE)). Va tuttavia notato che tutte le modifiche all’interno di “Design space” (elencati nell’autorizzazione all’immissione in commercio) non sono né notificabili né soggette ad approvazione. Ciò significa che possono essere implementate all’interno del sistema di qualità mediante una semplice procedura di controllo delle modifiche e non sono rilevanti per l’autorizzazione all’immissione in commercio.

Strategia di controllo: Lo sviluppo del processo produttivo e una strategia di controllo coordinata individualmente giocano un ruolo centrale. La filosofia è quella della “Quality by design”. Ciò significa che il raggiungimento affidabile e costante della qualità desiderata del prodotto ha la priorità.

In questo modo non è più necessario acquisire tutte le variabili che si possono raccogliere (input, output) per ogni lotto. È possibile utilizzare una strategia di skip-lot mirata, ovvero non tutti i parametri di una specifica vengono testati per ogni batch.

Non solo i dati ricevuti per il lotto da rilasciare svolgono un ruolo per il rilascio del lotto, le analisi dei trend in corso accompagnano la valutazione dei lotti, in modo che la strategia di controllo contenga sempre una verifica continua e significativa del processo (continuous Process Verification, cPV).

Una conoscenza così approfondita del processo offre la possibilità di utilizzare la tecnologia analitica di processo (PAT). Ciò significa, in linea di principio, che è possibile rilasciare un lotto esclusivamente sulla base della conoscenza del pool di dati raccolti nel corso della produzione, senza dover controllare analiticamente il prodotto finale. Questa procedura è interessante per i prodotti che vengono somministrati al paziente subito dopo la produzione, ad esempio i radiofarmaci, e quando il controllo finale della qualità dei parametri rilevanti, come la sterilità, non è possibile a causa del tempo o delle quantità di campione richiesta. La revisione dell’Allegato 17 delle GMP offre la possibilità di una strategia di questo tipo per l’uso del rilascio parametrico per il rilascio di routine di prodotti sterilizzati nel loro contenitore finale senza un test finale di sterilità.

Procedura in caso di risultato OOS: se i parametri (CQA, CPP) si trovano al di fuori dell’area convalidata già durante la produzione, è prevedibile una non conformità del lotto prodotto. E viceversa si può prevedere con un’elevata certezza statistica quanto segue: se tutti i parametri sono all’interno dell’area specificata (e convalidata) si può presumere, senza ulteriori test sui prodotti intermedi o finali, che il prodotto finale sia conforme alla specifica.

Discussione

In sintesi, l’approccio basato sulle performance si basa su una strategia di controllo elaborata sulla base delle conoscenze di processo disponibili. L’obiettivo è prevedere che il lotto sia conforme alle specifiche con un’elevata certezza statistica se tutti i parametri (CQA; CPP) rilevati durante la produzione rientrano in un’area predefinita e garantita da studi di sviluppo e validazione.

Variazioni rilevanti delle condizioni stabilite nell’autorizzazione al commercio

Secondo le definizioni legali di cui all’articolo 2 del Regolamento (CE) n. 1234/2008, una variazione ai sensi del Regolamento è ogni variazione “del contenuto delle informazioni e dei documenti” che sono stati fatti nella domanda di autorizzazione all’immissione in commercio. I dettagli delle variazioni dei termini delle autorizzazioni all’immissione in commercio e le categorie di variazioni sono definiti nei relativi orientamenti di attuazione del Regolamento (CE) 1234/2008.

Per ogni variazione possibile sono predefinite condizioni e documenti da presentare. I documenti da presentare devono essere considerati come documenti di supporto. Questi documenti di supporto contribuiscono a una variazione del processo di fabbricazione o della procedura di test a condizione che adeguate verifiche dei lotti, studi di stabilità o convalide successive a una variazione dimostrino che la variazione proposta non ha un impatto negativo sulla qualità, la sicurezza o l’efficacia del medicinale.
In linea di principio, questi documenti devono essere considerati un’integrazione agli studi di sviluppo “condotti per stabilire che la forma di dosaggio, la formulazione, il processo di fabbricazione, il sistema di chiusura del contenitore, gli attributi microbiologici e le istruzioni per l’uso siano appropriati per l’uso previsto specificato nel dossier di domanda di autorizzazione all’immissione in commercio “.

Una panoramica completa sui contenuti del CTD che costituiscono le EC e i contenuti che devono essere intesi come informazioni di supporto sono indicati nell’ Appendice 1: “sezioni del CTD che contengono le EC” della Linea guida ICH Q12.

Quando le EC sono note, nasce la domanda su come riportare alle autorità regolatorie ogni modifica successiva all’approvazione. La Linea guida ICH Q12 offre un albero di decisione (figura 3). Questo significa che in linea di principio tutte le modifiche post-approvazione dei parametri che non sono stati identificati come EC non sono rilevanti per la l’autorizzazione alla commercializzazione. Essi dovrebbero essere discussi solo nel Product Quality Review.

Tutte le modifiche post-approvazione riguardanti le EC devono essere valutate per quanto riguarda la loro criticità. È sufficiente che siano notificate all’autorità di regolamentazione o che siano preventivamente approvate dall’autorità.

Figura 3: Albero decisionale per il reporting di un change post-approvazione di CE secondo ICH Q12

Documento di gestione del ciclo di vita del prodotto(PLCM)

The PLCM document outlines the specific plan for product lifecycle management that includes the ECs, reporting categories for changes to ECs, PACMPs (if used) and any post-approval CMC commitments. Its purpose is to encourage prospective lifecycle management planning by the MAH and to facilitate regulatory assessment and inspection. The PLCM document should be updated throughout the product lifecycle as needed.
The PLCM document serves as a central repository in the MAA for ECs and reporting categories for making changes to ECs.

(Chapter 5 ICH Q12 Guideline)

Il documento PLCM è nuovo e non è sancito dalla giurisdizione dell’UE. Questo documento deve essere conservato come registro centrale per l’intero ciclo di vita del prodotto e contiene tutti le ECs e la loro rilevanza per l’autorizzazione all’immissione in commercio in caso di modifica post-approvazione.
Inoltre, il protocollo di gestione delle modifiche post-approvazione (PACMP) e tutte le giustificazioni pertinenti del titolare AIC relative alla qualità del prodotto e agli studi da effettuare in seguito a modifiche post-approvazione (obblighi  CMC post-approvazione),devono essere contenuti nel documento. L’allegato IF della linea guida ICH Q12 contiene un esempio di PLCM.

Implementazione dell’ICH Q12 nel panorama regolatorio Europeo

Si prevede che tutte le autorità e gli Stati membri ICH implementino la linea guida ICH Q12. Nell’UE esiste già un quadro normativo completo che dovrebbe essere ampliato e adattato per incorporare le EC e il documento PLCM. Ciò pone l’accento sul Common Technical Document (CTD) che non è stato modificato dalla sua istituzione nel 2006. Sarebbe utile un chiarimento sulla distribuzione delle informazioni relative al prodotto medicinale all’interno del dossier per la domanda di autorizzazione all’immissione in commercio, al fine di poter distinguere tra EC legalmente vincolanti e le informazioni di supporto.

Per la redazione del documento PLCM è opportuno riprendere le categorie di variazione definite nelle linee guida di attuazione del Regolamento (CE) 1234/2008.

Il concetto di EC deve essere incluso in tutti i requisiti legali e nelle linee guida sull’implementazione delle convalide di processo. Definire un‘analisi del rischio di processo significativa è decisivo, indipendentemente dalla metodologia utilizzata. Queste analisi dei rischi di processo identificano CQA e CPP, presentano una chiara strategia di controllo e fanno una distinzione tra EC e informazioni di supporto.

In conclusione l’implementazione della linea guida ICH Q12 nella routine quotidiana della produzione e delle analisi comporta la revisione delle istruzioni esistenti per la gestione dei change. Laddove opportuno, sarebbe utile preparare delle indicazioni per tutte le variazioni relative al prodotto che elenchino tutte le categorie di variazioni relative al processo e alle analisi, consuete all’interno dell’UE, in un unico documento PLCM.
Quale base per tutti gli accordi di produzione conto terzi, questo documento PLCM, , può essere di chiarimento tra conto terzista e cliente  in merito alle variazioni da effettuare.

È inoltre opportuno rivedere i requisiti delle GMP per la struttura del PQR. La pratica ha dimostrato che spesso vari parametri (controlli di processo, risultati dei test sui prodotti finiti) vengono riportati senza che se ne conosca la rilevanza. Per il futuro si dovrebbe perseguire una segnalazione più sistematica delle EC, utile anche come trend.

È interessante notare che non è stata fissata alcuna scadenza per le autorità e gli Stati membri ICH per l’attuazione della linea guida ICH Q12. Pertanto, rimane aperta la domanda su quando si possa effettivamente prevedere l’armonizzazione dei requisiti relativi alle variazioni dei termini delle autorizzazioni all’immissione in commercio.


Fonte:

Articolo tratto da ICH Q12 Pharmaceutical Product Lifecycle Management scritto da Dr Martin Melzer

Per approfondire:

  • ICH guideline Q12 on technical and regulatory considerations for pharmaceutical product lifecycle management Step 5, EMA/CHMP/ICH/804273/2017, 4 March 2020
  • Commission Regulation (EC) No 1234/2008 of 24 November 2008 concerning the examination of variations to the terms of marketing authorisations for medicinal products for human use and veterinary medicinal products.
  • Guidelines on the details of the various categories of variations, on the operation of the procedures laid down in Chapters II, IIa, III and IV of Commission Regulation (EC) No 1234/2008 of 24 November 2008 concerning the examination of variations to the terms of marketing authorisations for medicinal products for human use and veterinary medicinal products and on the documentation to be submitted pursuant to those procedures (2013/C 223/01).
  • EU Guidelines to Good Manufacturing Practice Part I Chapter 1 (Medicinal Products for Human and Veterinarian Use).
  • EU Guidelines to Good Manufacturing Practice Part II (Active Substances) Chapter 2 (Active Substances).
  • Commission Delegated Regulation (EU) 2017/1569 of 23 May 2017 supplementing Regulation (EU) No 536/2014 of the European Parliament and of the Council by specifying principles of and guidelines for good manufacturing practice for investigational medicinal products for human use and arrangements for inspections.
  • Guidelines Detailed Commission guidelines on good manufacturing practice for investigational medicinal products for human use, pursuant to the second subparagraph of Article 63(1) of Regulation (EU) No 536/2014, C(2017) 8179 final, 08.12.2017.
  • Guidelines dated 22 November 2017, Guidelines on Good Manufacturing Practice specific to Advanced Therapy Medicinal Products.
  • Pharmaceutical Quality System (ICH Q10), EMA/INS/GMP/79818/2011, 31 January 2011.
  • Directive 2001/83/EG of 6 November 2001 on the Community code relating to medicinal products for human use (OJ L 311, 28.11.2001, p. 67) in the current version.
  • Law on trade in medicinal products (Medicinal Products Act – AMG), date of issue: 24.08.1976, in the version of the Notice of 12 December 2005 (BGBl. I S. 3394), as last amended by article 18 of the law of 20 November 2019 (BGBl. I p. 1626).
  • Legal framework governing medicinal products for human use in the EU, https://ec.europa.eu/health/documents/eudralex_en
  • Note on EU implementation of ICH Q12 (guideline on technical and regulatory considerations for pharmaceutical product lifecycle management), EMA/CHMP/ICH/78332/2020, 4 March 2020.
  • EudraLex – Volume 2 – Pharmaceutical legislation on notice to applicants and regulatory guidelines for medicinal products for human use, https://ec.europa.eu/health/documents/eudralex/vol-2_en
  • EudraLex – Volume 6 – Notice to applicants and regulatory guidelines for medicinal products for veterinary use, https://ec.europa.eu/health/documents/eudralex/vol-6_en
  • Directive 2001/83/EC of the European Parliament and of the Council of 6 November 2001 on the Community code relating to medicinal products for human use (OJ L 311, 28.11.2001, p. 67), Annex I Analytical, pharmacotoxicological and clinical standards and protocols in respect of the testing of medicinal products.
  • EudraLex – Volume 2 – Pharmaceutical legislation on notice to applicants and regulatory guidelines for medicinal products for human use Volume 2B Notice to Applicants Medicinal products for human use Presentation and format of the dossier Common Technical Document (CTD)
  • ICH Q12 Guideline, chapter 3.2.1.
  • ICH Q12 Guideline, chapter 1.3.
  • Annex 15 of the EU Guidelines to Good Manufacturing Practice, Qualification and Validation.
  • Pharmaceutical Development Q8(R2), ICH harmonized tripartite guideline, Current Step 4 version, August 2009

Clinical Evaluation Plan (CEP) per Medical Device

La valutazione clinica di un dispositivo medico è fondamentale per ottenere e mantenere l’approvazione del mercato UE.

Per pianificare e documentare la valutazione clinica e le evidenze cliniche, sono essenziali un piano di valutazione clinica (CEP) e un rapporto di valutazione clinica (CER) ben progettati e scritti in modo chiaro.

Questi due documenti, necessari per supportare evidenze cliniche credibili sulla sicurezza e sulle prestazioni del dispositivo, sono essenziali per lo sviluppo e l’approvazione del dispositivo stesso e devono essere conformi a MDR 2017/745.

Del CER abbiamo parlato in questo articolo:

CLINICAL EVALUATION REPORT PER I DISPOSITIVI MEDICI: OVERVIEW

Il CEP e il CER, come parte della Documentazione Tecnica, sono obbligatori per tutte le classi di dispositivi, siano essi nuovi o già in commercio, e sono esaminati dagli Organismi Notificati.

Entrambi i documenti devono essere datati, controllati nella versione e firmati dal responsabile della regolamentazione, dai valutatori e dal produttore.

In questo approfondimento parleremo del Clinical Evaluation Plan.

Cos’è il Clinical Evaluation Plan?

Il Clinical Evaluation Plan (CEP) è un importante documento tecnico che serve a delineare un piano per condurre la valutazione clinica di un dispositivo medico. E’ un documento essenziale per assicurare che le valutazioni cliniche siano eseguite in modo corretto e secondo un processo stabilito in anticipo.

Poiché la creazione di un Piano di Valutazione Clinica conforme è obbligatoria per tutti i dispositivi medici ai sensi del Regolamento sui Dispositivi Medici (UE) 2017/745, è essenziale che i produttori abbiano chiari i requisiti per i CEP e comprendano appieno come strutturare, scrivere e aggiornare un CEP per i loro dispositivi medici.

Quali sono i requisiti per la scrittura di un CEP secondo MDR?

L’articolo 61, paragrafo 3, della MDR stabilisce che una valutazione clinica deve “seguire una procedura definita e metodologicamente valida“, il che significa che è necessario stabilire in anticipo un piano di valutazione clinica che definisca le modalità di svolgimento della valutazione.

L’allegato XIV della MDR, parte A, fornisce ulteriori dettagli sui requisiti dei CEP, affermando che essi devono includere almeno i seguenti elementi:

  • l’identificazione dei GSPR che richiedono il supporto di dati clinici pertinenti;
  • una specifica della destinazione d’uso del dispositivo;
  • una chiara specifica dei gruppi target previsti con indicazioni e controindicazioni chiare;
  • una descrizione dettagliata dei benefici clinici previsti con parametri di esito clinico pertinenti e specificati;
  • una specifica dei metodi da utilizzare per l’esame degli aspetti qualitativi e quantitativi della sicurezza clinica con un chiaro riferimento alla determinazione dei rischi residui e degli effetti collaterali;
  • un elenco indicativo e una specifica dei parametri da utilizzare per determinare, sulla base dello stato dell’arte della medicina, l’accettabilità del rapporto beneficio/rischio per le varie indicazioni e per lo scopo previsto del dispositivo;
  • un’indicazione di come verranno affrontate le questioni relative al rapporto beneficio/rischio…;
  • un piano di sviluppo clinico

La struttura

Quando si pianifica la struttura di un CEP, vale la pena avere in mente un quadro semplice da utilizzare come punto di riferimento. Un esempio è il seguente:

  • identificazione, classificazione e descrizione generale del dispositivo
  • contesto e scopo del CEP
  • sintesi della metodologia del CEP (ad esempio, uso della letteratura / percorso di equivalenza, ecc.)
  • ipotesi da testare durante la valutazione
  • scopo previsto, benefici clinici, indicazioni e controindicazioni
  • identificazione di dispositivi simili
  • analisi delle GSPR rilevanti e non rilevanti con giustificazione di quelle non rilevanti
  • un protocollo di ricerca dettagliato per identificare, valutare e analizzare le evidenze cliniche.

Ogni sezione deve essere scritta in modo chiaro e sufficientemente dettagliato da consentire a persone diverse dall’autore di seguire con precisione il piano.

Due aspetti di un piano di valutazione clinica che comunemente generano confusione sono la necessità di costruire un’ipotesi e l’obbligo di definire un protocollo di ricerca. Per questo motivo, ognuno di questi aspetti merita una considerazione specifica.

L’ipotesi di Clinical Evaluation

Se eseguita correttamente, la valutazione clinica è un processo che utilizza l’evidenza clinica per testare un’idea; se formata correttamente, tale idea dovrebbe essere espressa come un’ipotesi. Un’ipotesi può essere definita come un'”affermazione testabile“, in altre parole un’affermazione che può essere esaminata per verificarne la validità di fronte all’evidenza.

In una valutazione clinica, la prassi migliore è quella di sviluppare un’ipotesi quantitativa elaborata utilizzando i risultati di precedenti revisioni della letteratura o di precedenti esperienze con dispositivi simili. Un esempio di ipotesi quantitativa è:

Se utilizzato come previsto, il dispositivo soggetto a trattamento determinerà una riduzione media del dolore di almeno 5 punti su una scala da 0 a 10 a 3 mesi dall’utilizzo.

Sebbene le ipotesi quantitative siano da preferire, è possibile includere anche ipotesi qualitative, se logiche e ragionevoli. Ad esempio:

Se utilizzato come previsto, il dispositivo sarà associato a tipi di eventi avversi (in percentuale delle vendite del dispositivo) non più gravi di quelli osservati in seguito all’uso di dispositivi alternativi comparabili.

Che sia quantitativa o qualitativa, bisogna assicurarsi che l’ipotesi sia adatta a essere testata nella valutazione clinica. I risultati di una precedente revisione della letteratura possono essere molto utili in questo caso.

Sviluppo del protocollo di ricerca

Un elemento essenziale di tutti i piani di valutazione clinica è un protocollo di ricerca. Questo protocollo è un piano per l’identificazione, la valutazione e l’analisi dei dati clinici. Per molti versi, costituisce il fulcro del processo di valutazione clinica e un CEP sarà ritenuto non conforme senza un protocollo di ricerca chiaramente costruito.

Nello sviluppare il protocollo di ricerca, è necessario prestare attenzione a tutti e tre gli elementi che lo costituiscono (identificazione delle evidenze, valutazione, analisi dei dati).

1. Identificazione delle evidenze cliniche

Questa sezione deve illustrare le modalità di identificazione delle evidenze rilevanti da includere nella valutazione. Le evidenze devono provenire sia dal produttore che da fonti indipendenti, come le pubblicazioni su riviste, quindi è necessario descrivere il processo per identificare le evidenze da ciascuna fonte.

Per quanto riguarda la letteratura indipendente, un punto di partenza ragionevole è la stesura di una o più domande di ricerca da affrontare nella revisione della letteratura. Così facendo dovrebbe essere più facile definire termini di ricerca precisi da inserire in database clinici come PubMed.

Altri aspetti da considerare sono i criteri di inclusione e di esclusione: per le fonti escluse, quali giustificazioni saranno fornite e come saranno documentate nel CER?

Il test di sufficienza di un protocollo di identificazione consiste nel verificare se una persona indipendente possa seguire le istruzioni e ottenere un risultato sostanzialmente identico a quello di un’altra persona. Questo test assicura che il piano di identificazione delle evidenze sia sufficientemente dettagliato.

2. Acquisizione delle evidenze cliniche

Il passo successivo consiste nel descrivere il modo in cui la qualità di una fonte viene determinata e registrata. In parole povere, la valutazione serve a stabilire quanto sia ben condotto uno studio e quanto sia rilevante per la valutazione; è un precursore necessario dell’analisi dei dati, che descrive quanta enfasi debba essere data ai risultati di una fonte nella valutazione.

Un buon approccio è quello di stabilire un punteggio o uno schema di valutazione per il campione, le dimensioni, il periodo di follow-up, i metodi statistici, la rilevanza clinica e altri aspetti più personalizzati della qualità dello studio.

Se si stabilisce uno schema di valutazione questo non può essere “modificato” per adattarsi alla qualità degli studi favorevoli identificati. Ciò contribuisce a dimostrare che la valutazione clinica soddisfa il test di obiettività imposto da MDR.

3. Analisi delle evidenze cliniche

L’ultima componente del protocollo di ricerca CEP è un sistema di analisi delle evidenze cliniche. In breve, l’analisi considera quale “messaggio” può essere ricavato dalle evidenze identificate. In particolare, cosa dicono le evidenze in merito a:

  • l’idoneità del dispositivo allo scopo previsto
  • il profilo rischio/beneficio del dispositivo
  • la conformità ai requisiti di sicurezza e performance (GSPR)

Nella stesura del piano di analisi delle evidenze, è necessario assicurarsi che il piano sia sufficientemente dettagliato per essere seguito in modo indipendente e coerente, senza lasciare spazio a modifiche soggettive dei risultati dopo la conclusione della valutazione.

General Safety & Performance Requirements (GSPRs)

Un’altra componente fondamentale di un piano di valutazione clinica MDR dell’UE è l’analisi della pertinenza dei GSPR dell’Allegato I della MDR.

Tale analisi deve comprendere un elenco completo dei requisiti rilevanti e una giustificazione di quelli ritenuti non rilevanti per il dispositivo.


Fonte

Writing a Clinical Evaluation Plan for the EU MDR. A guide to producing Clinical EvaluationPlans for EU MDR compliance

Clinical Evaluation Report per i dispositivi medici: overview

In questo articolo esploreremo i diversi aspetti di un Clinical Evaluation Report (CER): cos’è, perché è necessario, una panoramica del processo di ricerca e i suoi contenuti.

Che tu sia un piccolo produttore di dispositivi che deve commercializzare il suo primo prodotto o una multinazionale che sta lavorando a nuove caratteristiche del proprio dispositivo, la creazione e il mantenimento di un CER può essere un compito complesso e che richiede molte risorse.

Cos’è il CER?

Il CER, ovvero il Rapporto di Valutazione Clinica, è una parte importante del fascicolo tecnico ed è richiesto per tutti i dispositivi medici, indipendentemente dalla loro classificazione.
La valutazione clinica è la valutazione e l’analisi dei dati clinici generati dall’uso di un dispositivo relativi alla sua sicurezza ed efficacia.
I dati clinici posso derivare da ricerche condotte dalla tua azienda o dall’analisi della letteratura.

Ci sono diverse banche dati pubbliche in cui è possibile ricercare dati clinici:

  • Medline
  • Cochrane Collaboration
  • PubMed

Dunque il CER è un’analisi dei dati clinici raccolti da clinical investigation (studi sull’uomo condotti per verificare sicurezza ed efficacia di un dispositivo) o da studi condotti su dispositivi equivalenti.

La valutazione clinica si compone di 3 step:

  1. Il produttore identifica i dati clinici (da letteratura, esperienza clinica, trial clinici)
  2. I dati vengono esaminati per determinarne la rilevanza, l’applicabilità, la qualità e l’importanza
  3. Si stila un report, il CER, che elenca le conclusioni relative all’analisi dei dati clinici

Quali sono i requisiti per redigere un CER secondo MDR?

Prima di ottenere il marchio CE per commercializzare i propri prodotti sul mercato EU, i produttori di dispositivi medici devono provare all’Autorità Competente che il proprio dispositivo rispetti gli standard di qualità e performance.

Già la MDD (Direttiva 90/385/EEC e 93/42/EEC) richiedeva ai produttori di eseguire una valutazione clinica dei propri dispositivi per accertarne la sicurezza e l’efficacia.
L’MDR impone nuovi requisiti ancora più severi per i rapporti di valutazione clinica.

L’articolo 61 della MDR stabilisce che la valutazione clinica di ogni dispositivo medico debba essere documentata in un CER che debba far parte della documentazione tecnica del dispositivo.
L’allegato XIV della MDR, parte A, amplia questo requisito e fornisce requisiti dettagliati per l’esecuzione di una valutazione clinica, richiedendo che il processo:

  • si basi su un piano di valutazione clinica (CEP) documentato
  • identifichi tutte le evidenze cliniche rilevanti per il dispositivo, siano esse favorevoli o meno
  • valuti e analizzi i dati clinici in modo robusto secondo un protocollo dichiarato
  • stabilisca un piano per affrontare eventuali lacune nell’insieme di evidenze cliniche
  • giunga a conclusioni sulla sicurezza e sulle prestazioni del dispositivo medico

Come strutturare un CER?

Poiché un rapporto di valutazione clinica adeguatamente strutturato è un requisito fondamentale per l’approvazione regolatoria ai sensi del MDR, è importante che i produttori abbiano accesso a un redattore di CER con conoscenze e competenze sufficienti per soddisfare i requisiti della MDR.

Sebbene l’Allegato XIV, Parte A, illustri le modalità di esecuzione di una valutazione clinica, è relativamente scarno di requisiti per la redazione.
Una guida più dettagliata sulla stesura del CER è contenuta nella MedDev 2.7/1 rev 4 “Clinical Evaluation: A guide for manufacturers and notified bodies“, un documento consultivo pubblicato dalla Commissione Europea.
Il documento contiene un’utile sezione sulla struttura dei CER, ma la linea guida non è stata ancora aggiornata per riflettere le modifiche ai requisiti introdotte dalla MDR. Per questo motivo, la sola adesione alla MedDev 2.7/1 rev. 4 non è sufficiente ad ottenere la conformità alla MDR e i produttori dovranno utilizzare ulteriori fonti di informazione e competenze per garantire che i requisiti siano soddisfatti.

Secondo la MedDev 2.7/1 rev. 4, un rapporto di valutazione clinica di un dispositivo medico deve includere almeno le seguenti informazioni:

  • informazioni sul dispositivo medico
  • una revisione del campo clinico in cui si colloca il dispositivo, compresi i trattamenti alternativi a disposizione e una valutazione dello stato dell’arte
  • dati clinici valutati relativi al dispositivo e alle sue prestazioni cliniche
  • i risultati delle attività di sorveglianza post-market (PMS), del sistema di vigilanza e del follow-up clinico post-market (PMCF)
  • una valutazione dei benefici e dei rischi
  • una conclusione oggettiva sulla conformità del dispositivo ai requisiti generali di sicurezza e prestazione (GSPR) di cui all’allegato I della MDR e sulla sua idoneità allo scopo previsto.

Ogni sezione deve essere strutturata con attenzione e scritta con precisione per garantire che il documento possa essere compreso da un valutatore che potrebbe non avere una conoscenza specialistica del dispositivo medico.

L’ideale sarebbe che i CER fossero redatti da una persona con un grado di esperienza medica, scientifica e normativa sufficiente a soddisfare questi requisiti.

Dopo la pubblicazione della MedDev 2.7/1 rev 4, il Medical Device Coordination Group (MDCG) ha pubblicato ulteriori linee guida, tra cui la MDCG 2020-13, che stabilisce i criteri in base ai quali i rapporti di valutazione clinica dei dispositivi medici saranno valutati nell’ambito del MDR, tra cui:

  • l’obbligo di analizzare le evidenze cliniche relative a dispositivi alternativi comparabili, al fine di determinare parametri di riferimento quantificabili per la sicurezza e le prestazioni rispetto ai quali valutare il dispositivo
  • includere una sintesi del piano di valutazione clinica nel CER
  • ove possibile, effettuare un’analisi statistica delle evidenze cliniche considerate nel CER
  • restrizioni sull’uso dell’equivalenza dei dispositivi medici
  • dettagli su come dimostrare il beneficio clinico durante la profilazione del rischio-beneficio, compresa la necessità che i presunti benefici siano quantificabili e basati su prove di efficacia.

Secondo l’MDR dell’UE, un rapporto di valutazione clinica deve presentare un’analisi scientifica solida e obiettiva delle evidenze cliniche. Il linguaggio utilizzato da chi redige un CER deve trasmettere una valutazione equilibrata della sicurezza e delle prestazioni del dispositivo, tale da soddisfare le esigenze del controllo normativo.

Evidenze cliniche nel CER

L’identificazione, la valutazione e l’analisi delle evidenze cliniche sono un requisito fondamentale per la stesura di una CER ai sensi del MDR. Le evidenze cliniche sono considerate in due componenti chiave del CER:

  1. in relazione a dispositivi alternativi comparabili, al fine di stabilire parametri di riferimento per la sicurezza e le prestazioni rispetto ai quali il dispositivo in esame può essere confrontato
  2. nella valutazione della sicurezza e delle prestazioni del dispositivo in esame.

Tutte le prove cliniche pertinenti devono essere identificate, sia favorevoli che sfavorevoli, e devono essere valutate e analizzate secondo un protocollo specificato nel piano di valutazione clinica (CEP). Devono inoltre essere previste procedure specifiche per evitare la duplicazione dei dati.

Le evidenze cliniche relative al dispositivo in questione provengono da due fonti: quelle generate e detenute dal produttore e quelle prodotte in modo indipendente e pubblicate in letteratura.

  • Le evidenze generate dal fabbricante comprendono quelle derivanti da studi pre-market, PMS, Vigilanza e attività PMCF.
  • Le evidenze indipendenti devono essere identificate attraverso un protocollo di ricerca robusto e documentato, che contenga disposizioni per garantire la ricerca di tutte le evidenze rilevanti nelle banche dati.

La valutazione delle evidenze comporta la considerazione di fattori quali:

  • l’adeguatezza del metodo e della dimensione del campione
  • rilevanza per il dispositivo in questione e la sua valutazione clinica
  • tipo e qualità dello studio
  • potenziale di distorsione
  • adeguatezza delle tecniche di analisi statistica utilizzate

Dopo l’identificazione e la valutazione, il CER deve contenere un’analisi delle evidenze cliniche per determinare se il dispositivo in questione ha soddisfatto gli obblighi di sicurezza e prestazioni previsti dalla MDR (anche rispetto a dispositivi alternativi comparabili).

La stesura efficace di un CER richiede l’accesso a competenze di alto livello nell’identificazione, nella valutazione e nell’analisi delle evidenze cliniche.

Dopo la compilazione

Una volta completato, un CER sarà valutato come componente dei documenti tecnici che devono essere presentati a sostegno del dispositivo. La procedura di valutazione del CER dipende dalla classificazione di rischio del dispositivo.

In base a MDR, i fabbricanti di dispositivi medici di classe IIa, IIb e III devono sottoporre il CER compilato a un Organismo Notificato per un controllo normativo come componente di una procedura di valutazione della conformità. L’autorizzazione ad apporre il marchio CE non sarà concessa se il rapporto di valutazione clinica non soddisfa i requisiti MDR.

L’MDR delinea le responsabilità degli Organismi Notificati nell’esecuzione delle valutazioni dei CER, richiedendo agli Organismi Notificati di avere accesso a persone con competenze scientifiche e tecniche sufficienti per effettuare una valutazione razionale dei report. La valutazione dei rapporti di valutazione clinica seguirà quanto indicato nella MDCG 2020-13.

I fabbricanti di dispositivi di classe I non hanno normalmente bisogno di presentare CER a un Organismo Notificato per la valutazione. Tuttavia, un dispositivo di classe I è ancora soggetto ai requisiti MDR per l’esecuzione di una valutazione clinica, in quanto deve dimostrare la conformità alle GSPR dell’Allegato I, l’idoneità allo scopo previsto e un profilo beneficio-rischio accettabile. Pertanto, la relazione di valutazione clinica è ancora richiesta e deve essere redatta con un grado di cura e competenza simile a quello richiesto per i dispositivi a rischio più elevato.

Inoltre, alcune categorie di dispositivi di classe I hanno requisiti speciali che possono richiedere una valutazione da parte di un Organismo Notificato. I dispositivi di classe I che vengono forniti sterili (classe Is), che sono dispositivi chirurgici riutilizzabili o che hanno una funzione di misurazione (classe Im) richiederanno il coinvolgimento di un Organismo Notificato.

Molti produttori commettono l’errore di stilare il CER e dimenticarselo; il CER è un documento “vivo” che deve essere tenuto aggiornato con i feedback dei consumatori e i report di eventi avversi come parte della sorveglianza post-market. Ogni cambiamento che impatta i dati iniziali deve essere tenuto in considerazione e il CER deve essere aggiornato di conseguenza.


Fonte:

Clinical Evaluation ReportsCERs for medical devices. An introduction to effective Clinical Evaluation Report writing for regulatory compliance

Le criticità nel campionamento swab in cleaning validation

Nella cleaning validation si utilizzano solitamente due tecniche di campionamento: il rinse test e lo swab test.

Lo swab è un metodo di campionamento diretto delle superfici, mentre il rinse è un metodo indiretto. In pratica, l’accesso fisico alle superfici e alle parti dell’apparecchiatura da pulire tende a determinare la scelta del metodo di campionamento. Ad esempio, lo swab funziona particolarmente bene in aree di lavoro più ristrette, come isolatori, cabine di sicurezza biologica (BSC), sistemi di barriere ad accesso limitato (RABS), ampie superfici di lavoro e angoli accessibili delle apparecchiature, tutti luoghi che si trovano di norma entro un metro da un’apertura per l’accessibilità al campionamento.
Il rinse è più indicato per tubazioni, flessibili e serbatoi di grandi dimensioni, luoghi non facilmente raggiungibili.
L’uso degli swab è fondamentale per determinare il livello di contaminazione presente intorno alle imperfezioni delle apparecchiature di produzione, come superfici ruvide, punti di saldatura, possibili fessure o in punti che il risciacquo non può raggiungere facilmente.
In generale, per ottenere una valutazione più completa delle superfici pulite, è consigliabile una combinazione di campionamento con swab e rinse

Il campionamento con tampone misura direttamente i residui superficiali ed è quello privilegiato. Gli aspetti critici del campionamento con swab riguardano la selezione del tampone e la tecnica impiegata. Anche la formazione del personale sugli aspetti tecnici e sulle effettive modalità di campionamento sono aspetti da non sottovalutare.
Prendiamo in esame lo swab test e le sue criticità.

In generale, è possibile utilizzare lo swab per il rilevamento di residui chimici o microbiologici. Di norma il recovery degli swab microbiologici è inferiore se comparato alle piastre di agar per il campionamento delle superfici, dunque prenderemo in esame solo lo swab per il rilevamento dei residui chimici (residui di prodotto o di detergente).

Step critici durante lo swab testing

Il processo di campionamento con swab prevede due fasi critiche che devono essere ottimizzate tenendo conto dei materiali di superficie e dei residui:

  • Step 1: prelevare i residui dalla superficie in contatto con il prodotto utilizzando la testa del tampone.
  • Step 2: trasferire i residui dalla testa del tampone alla soluzione di estrazione.

Il tampone

Oltre alla tecnica di campionamento, il materiale di cui è composto il tampone è fondamentale. I tamponi in cotone non rappresentano più lo stato dell’arte perchè possono rilasciare particelle sulla superficie di contatto con il prodotto, rompersi durante il processo di campionamento (indipendentemente dalla tecnica utilizzata) o non rilasciare i residui nella soluzione di estrazione.

I tamponi moderni sono fatti di un materiale abrasivo che, oltre a sciogliere i residui grazie ad una testa inumidita, li rimuovono meccanicamente dalle superfici. In questo caso è importante esercitare una corretta pressione sulla superficie, che può essere effettuata agevolmente poichè il tampone si flette leggermente se sottoposto a pressione.

Il tampone da utilizzare per il campionamento viene in genere pre-bagnato con acqua o un altro solvente appropriato per rimuovere i residui dalla superficie da campionare. Premendo i lati del tampone contro l’interno del flacone prima del campionamento, si rimuove il solvente in eccesso. Questo è importante perché il solvente in eccesso può essere esso stesso una fonte di residui che porta a risultati variabili. L’eccesso di solventi può lasciare sulla superficie sostanze estraibili che riducono la percentuale di recovery o indicano un falso positivo. Esiste un’interazione fisica diretta tra il tampone, il solvente, la superficie e i residui da rimuovere; pertanto, la scelta del tampone è fondamentale per l’efficacia del processo di campionamento.

Il campionamento

In generale, sono preferibili le superfici quadrate campionate secondo uno schema ben preciso.
Per garantire un’area di campionamento corretta, è consigliabile passare il tampone con movimenti paralleli e sovrapposti prima orizzontali e poi verticali e campionare almeno la superficie specificata. Una maggiore superficie tamponata garantisce che non venga generato un risultato falsamente basso a causa di una minore superficie esaminata.

Inoltre, dopo i processi di pulizia a moderate/alte temperature e dopo la fase di asciugatura, la superficie dell’apparecchiatura deve raffreddarsi a temperatura ambiente prima di procedere con lo swab test.

La soluzione di estrazione

A seconda della tecnica del tampone, il trasferimento dei residui avviene in sequenza nello step 2. Qui lo swab viene fatto girare nella soluzione di estrazione e lasciato lì fino all’analisi. E’ possibile ottenere un’estrazione migliore utilizzando un agitatore o un bagno a ultrasuoni.

Scegliendo opportunamente la soluzione di estrazione è inoltre possibile ottenere un recupero migliore, sfruttando il potere solvente della stessa sui residui da rimuovere ma questo dipende principalmente dal tipo e dalle condizioni del residuo che si sta analizzando.
E’ importante tenere in considerazione che la stessa soluzione di estrazione dovrebbe essere facilmente pulibile e non interferire con l’analisi.

La formazione degli operatori

Il campionamento con swab è un’attività critica. Prima dell’implementazione dei protocolli di convalida della pulizia gli operatori devono essere adeguatamente formati per ridurre al minimo la soggettività insita in questa attività di campionamento manuale. Le direzioni e i movimenti raccomandati per l’effettiva esecuzione del tampone su un’area devono essere dettagliati nella formazione per garantire i massimi livelli di coerenza. La formazione deve essere documentata. L’addestramento deve essere effettuato con la frequenza necessaria affinché la procedura di campionamento mantenga la sua ripetibilità e riproducibilità.


Il parere del nostro esperto
Dr.ssa Anna Bertolotti, GxP Compliance Expert

Considerate le criticità intrinseche della tecnica di campionamento mediante swab, è sicuramente fondamentale scegliere i tamponi accuratamente, raccogliendo informazioni e suggerimenti dal fornitore e valutandoli attentamente in fase di messa a punto e convalida del metodo: spesso gli swab possono dare interferenze durante l’analisi, interferenze che possono aumentare notevolmente con l’allungarsi del tempo in cui il tampone resta in soluzione. E’ pertanto importante estrarre gli swab dalla soluzione appena possibile e valutare preventivamente anche la stabilità dei residui in soluzione.

Altra criticità del campionamento mediante swab sono le numerose variabili dovute all’attività manuale dell’operatore, al grado di pressione esercitato, al fatto che non sempre i punti di campionamento sono facilmente accessibili. Inoltre l’operatore potrebbe avere difficoltà a coprire agevolmente la superficie da campionare e/o a ripetere il campionamento della stessa più volte, sempre nello stesso modo; si tenga presente infatti che in alcuni casi, proprio per migliorare la percentuale di recupero del residuo, si prevedono più passaggi in verticale e più passaggi in orizzontale. E’ quindi fondamentale curare la formazione delle persone che effettuano il campionamento, soprattutto tramite training on the job e verifiche periodiche, nonché identificare accuratamente i punti di campionamento mediante foto e/o disegni delle relative porzioni di impianti.


Q&A Audit Report 2022: le non conformità più comuni

Il 24 febbraio Marta Carboniero, GxP Compliance Expert di Adeodata, ha tenuto un free webinar sulle non conformità più diffuse rilevate in fase di audit dai nostri esperti “Audit Report 2022: le non conformità più comuni”. Ecco le risposte a tutte le domande che sono state poste dai partecipanti durante l’incontro.

1. È realistico che l’investigazione di una deviazione si completi in 3 giorni lavorativi?

Dipende dalla deviazione, è possibile che sia completata in due/tre giorni lavorativi oppure che ce ne vogliano 30.
Quello che è importante, nella gestione di una deviazione è verificare in tempistiche celeri (1-2 giorni) l’impatto della stessa e attuare eventuali trattamenti o correzioni, in modo da isolare il problema. A seconda del grado dell’impatto e quindi della relativa classificazione, si può poi procedere all’indagine in tempi diversi.

2. Formazione auditor: è più corretto che l’auditor in training esegua due audit da osservatore + un audit da lead auditor, oppure tre audit da osservatore?

Le GMP/GDP non indicano espressamente quanti audit in affiancamento è più corretto fare, però la pratica più comune prevede tre audit in affiancamento (variando i reparti) e un audit come lead. 

3. La non apertura delle CAPA per le eventuali raccomandazioni, non rischia che se ne perda traccia?

Le raccomandazioni, proprio per loro natura, possono non essere accettate dall’auditato, soprattutto se questo è indicato espressamente nel report, pertanto il fatto di perderne traccia non dovrebbe costituire una mancanza GMP.

4. In generale, se i criteri di riferimento sono gli stessi (es. GDP), un auditor interno può svolgere anche audit di seconda parte?

Se i criteri sono gli stessi, generalmente un auditor interno effettua anche audit di seconda parte, attenzione: nel caso in cui le SOP interne (quella delle self inspection e quella degli audit esterni) differiscano, ci vuole almeno il training per entrambe. Suggerisco comunque, in questo caso, di effettuare almeno un audit di seconda parte in affiancamento (es. due interni e uno esterno) 

5. Vorrei sapere se la mancata possibilità di rilasciare il tracciato delle temperature a cui è stata sottoposta la merce durante il trasporto può essere inquadrata come non conformità minore?

La mancata possibilità di rilasciare tracciato può costituire deviazione minore o maggiore a seconda dei casi: ad esempio una merce sotto cold chain che viaggia a luglio in territorio Italiano costituisce una criticità maggiore rispetto ad una merce 15-25°C che viaggia in primavera. Dipende dai casi, per valutare la classificazione, bisogna valutare caso per caso. A mio parere è comunque una deviazione.

6. Relativamente alla seguente NC: “Process Validation: PQ requires a minimum of 3 consecutive batches, but the number of batches must be justified” non ho compreso se:
– occorre giustificare perchè ho scelto 3 lotti oppure
– occorre giustificare il fatto che non siano stati scelti 3 lotti

La deviazione era dovuta al fatto che l’auditor si aspettava che la scelta di tre lotti in PQ fosse motivata e non lo era. Personalmente posso aggiungere che, in accordo all’Annex 15, questa poteva anche non essere una deviazione, magari una raccomandazione. Contestualizzando, la deviazione è stata assegnata ad una ditta indiana e l’auditor era indiano, pertanto è possibile che la loro prassi nell’applicazione delle EuGMP preveda una giustificazione. Era comunque una minore. 

7. Riguardo gli OOS, un ispettore ci ha suggerito di inserire la QP invece che QA in quanto il QA non ha necessariamente conoscenza del laboratorio mentre la QP per definizione deve averla (almeno secondo le attuali normative.) E’ necessario inserire nell’indagine di laboratorio il QA anche se c’è comunque la QP?

Bisognerebbe capire bene in quale fase della gestione OOS era previsto il coinvolgimento del QA.
Mi spiego: solitamente QA non interviene nell’indagine di OOS nelle sue prime fasi (IA e IB), in quanto sono indagini di laboratorio.
Necessariamente interviene invece nella fase II, nel caso ci fosse quindi coinvolgimento di reparti produttivi.
La QP firma come chiusura/approvazione/giudizio finale OOS.
Secondo il mio parere, non era necessario il coinvolgimento del QA nella fase di indagine di laboratorio, se è a quella che ci stiamo riferendo, personalmente lo escluderei a priori.

8. Per la formazione del personale, ad esempio il training legato alla revisione di una SOP, può essere sufficiente formalizzare il training sul form dedicato alla registrazione dei training oppure è necessario allegare un’evidenza dell’avvenuta formazione, ovvero un questionario di verifica apprendimento o un email in cui vengono spiegate le modifiche della SOP in revisione?  

Dipende da quali sono le modifiche al documento: se è una modifica formale (es. cambio layout) senza modifiche operative, va bene la formalizzazione su form dedicato.
Nel caso invece in cui le modifiche siano sostanziali (es. cambio operatività), è preferibile effettuare una prova di valutazione (es. questionario).
Escluderei invece gli scambi di mail per documentare una formazione. 

9. Come deve essere strutturato un modulo di avvenuta formazione per essere considerato completo?

Un modulo di avvenuta formazione deve riportare al minimo: data di formazione e durata, argomento (titolo e breve descrizione), formatore e personale formato (nome-firma-data ), esito.

10. Document & Record Retention: è accettabile archivio unicamente cartaceo per coc/ coa da fornitore per raw material di packaging secondario? Ci sono differenze tra requisiti Eudralex e ISO13485?

Sì, è accettabile per entrambe (ISO/GMP); se si rispettano i corrispondenti requisiti, non dovrebbero esserci controindicazioni a livello normativo; è pur vero che, probabilmente, un ipotetico ispettore spingerà per una gestione elettronica, come stanno già facendo in molti casi.

11. Controllo delle condizioni di trasporto raw material in incoming: è accettabile affidare la responsabilità al supplier definendolo in apposito quality agreement? Oppure il produttore del prodotto finito deve mantenere supervisione delle condizioni di trasporto (es. verifica data logger, mantenimento validazione trasporto)? È accettabile mantenere la supervisione non per singolo lotto ma in occasione di audit a supplier?

E’ possibile definire in un QTA chi ha la responsabilità di assicurare che il trasporto avvenga in condizioni controllate e chi debba effettuare convalida (es. supplier). All’arrivo della merce è però sempre richiesta una verifica da parte della sede ricevente, che, si suppone, sia anche l’utilizzatore della stessa (controllo identità, integrità, temperatura soprattutto in caso di cold chain, verifica del mezzo etc…).La convalida di trasporto e successive può essere verificata in sede di audit al supplier.

12. Formazione internal auditor: pur avendo ben definito e documentato training teorici e on the job per qualifica di auditor, è generalmente richiesta prova di esperienza sulla specifica area auditata? Oppure la formazione generale può abilitare l’auditor all’ispezione di qualsiasi area aziendale?

Per la qualifica di un auditor non basta solo la formazione, è necessario considerare altri fattori, ad esempio il grado di istruzione, l’esperienza e il campo lavorativo.
Es. Se un collega ha lavorato in passato X anni in QC, è possibile bypassare la prova di esperienza su QC, basandosi sulle sue conoscenze ed esperienze passate. Se mi trovo invece di fronte ad un collega neolaureato o neodiplomato, una prova pratica su ciascuna area potrebbe essere richiesta.

13. C’è una differenza specifica tra DEVIAZIONE e NON CONFORMITA’?

Tendenzialmente non c’è differenza, a meno che, all’interno delle vostre procedure aziendali, vogliate differenziare i due aspetti.
Es. deviazione per ragioni commerciali/marketing, NC per anomalie GMP, ma è una scelta interna, nella maggior parte dei casi non c’è differenza. Specificatelo in procedura. 

14. Periodic review dell’infrastruttura IT e Restore hanno una frequenza da rispettare nell’anno?

Non ci sono frequenze predefinite, decide l’azione regolata sulla base di un’analisi dei rischi. Di solito la revisione viene fatta annualmente o ogni due anni.

15. Qual è il miglior tool in sostituzione all’Excel per la gestione degli elenchi?

Ce ne sono di diverso tipo, la scelta dipende dall’utilizzo che se ne vuole fare e dalla verifica della loro compliance GMP, ne cito qualcuno a solo titolo esemplificativo. Ripeto, è da valutare l’eventuale applicabilità ai requisiti GMP.

  • I sistemi EDMS e QMS (come Adiuto) per la gestione di elenchi relativi a change, deviazioni etc…
  • Sharepoint, ad esempio attraverso l’applicazione “lists”, anche se Sharepoint continua ad avere alcune limitazioni relativamente alla compliance.
  • Sistemi che supportano la gestione di anagrafiche e scadenziario (ad esempio manutenzione di equipment) che possono essere adattati per gestire altri elenchi.

16. Cosa intendete per tool di infrastruttura? (la deviazione era: I tool di infrastruttura non sono qualificati né sono oggetto di SOP/WI ufficiali)

I SW tool di infrastruttura includono quei tool come i SW per il monitoraggio della rete, i tool per la schedulazione dei job, i SW di sicurezza, gli antivirus, e i tool per la gestione della configurazione (GAMP5 ed.2 Appendix M4 §12.3.4).

17. Ambito GMP dove si è fatta la mappatura iniziale del magazzino che ha un sistema computerizzato convalidato di monitoraggio e controllo, la mancanza della mappatura periodica come si potrebbe considerare?

Bisogna fare riferimento alla linea guida WHO No. 961, 2011, che definisce che la mappatura deve essere ripetuta con una certa periodicità per valutare la compliance: in generale si prevede una ripetizione della mappatura ogni 3-massimo 5 anni; nella maggior parte dei casi per le camere fredde anche ogni anno; suggerirei di operare con risk assessment.

Si tratta di una linea guida, le EuGMP sono un po’ scarne da questo punto di vista, però è riconosciuta per mappature sia di magazzini che incubatori ecc., in generale potrebbe essere una deviazione minore, per camere fredde anche maggiore se non ripetuta da parecchi anni. 


18. Per la qualifica di sedi corporate, se si definisce in procedura che ha una criticità minore rispetto ai criteri di qualifica degli altri fornitori, può essere valido?

Non è possibile rispondere in maniera univoca a questa domanda: dipende dall’attività o dal prodotto che la sede corporate fa. Se, dall’analisi/risk analysis effettuata all’interno della vostra sede, la sede corporate risulta a basso impatto ok, ma deve essere evidenziato e dimostrato, non può essere preso di default (es. se la sede corporate effettuata per mio conto una sterilizzazione di prodotto, non può essere considerata a bassa criticità, anche se è una sede del gruppo).

19. Come gestire i sistemi non GMP ma sicuramente impattanti la ISO9001?

La 9001 non necessita convalida software, per cui potrebbero essere sufficienti i controlli inziali, che solitamente fa l’installatore e i controlli periodici di manutenzione del sistema.
Non mi aspetto una convalida in compliance con Annex 11 e simili.

20. Cosa si intende per “fogli con pochi dettagli” nelle evidenze della formazione? Cosa mancava? 

Le evidenze della formazione devono, al minimo, riportare titolo e breve descrizione della formazione, nome del trainer e del personale sottoposto alla sessione, data della sessione con giorno, ora e durata, firme e date sia del formatore che del personale, esito. In questo caso mancava la durata, l’esito e la firma del formatore.


Articolo a cura di
Marta Carboniero
GxP Compliance Expert, Adeodata srl